Arrampicata sulle Placche del Peo a San Viano in Toscana

Le Placche del Peo a San Viano in Toscana: una parete di calcare dedicata ad Andrea Loprieno, che dopo un periodo di oblio, è stata rivalorizzata e che oggi offre un numero di vie di più tiri e anche monotiri adatti anche ai corsi di arrampicata. La storia di Antonio Cecchi e la relazione delle vie di Enrico Tomasin.
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Placche del Peo a San Viano in Toscana: Piergiorgio Cotelli sale Nove sòle, vecchi pacchi
Eva Pierotti

Le montagne, le falesie, le vie… sono come l’iride delle persone: non ne esistono due uguali. Simili, certo, ma mai identiche. Ed esse raccontano la personalità di chi sceglie di scalarle, ma sopratutto di chi per primo ebbe l’intuizione di tracciarvi una linea immaginaria. Così come scrutando gli occhi di una persona, si è molto spesso in grado di carpirne la personalità, leggendo le vie amate si scopre molto della personalità di chi le ripete.

Nel 1989, assieme all’amico - parola riduttiva nei suoi confronti, tante e tali erano le affinità che mi legavano a lui - Andrea Loprieno (detto Peo da noi intimi) vivevo quella che al tempo definii la mia seconda vita. Ero uscito da quella di musicista, fatta di sigarette, stress, km macinati a bordo di un furgone in Europa e negli USA, grazie all’incontro con lui e Francesco Bellinvia. I due - poco più che diciassettenni, mi avevano strappato ad un palco catapultandomi in una calda e profumata falesia adiacente alla nostra città. Ricordo ancora, con viva emozione, la prima "via" che i due mi insegnarono a scalare: il profumo lancinante dell’elicriso che si respirava alla sommità della breve paretina di IV.

Negli anni immediatamente successivi, mentre Francesco si avviava alle difficoltà superiori per l’epoca, diventando per molti aspetti un mito per noi toscani - e non solo - Andrea mi rimase invece caparbiamente accanto nel processo di imparare a scalare sempre meglio, sempre più spesso, sempre con più pathos… la corda ci avrebbe legato anche nella vita di lì a poco, quando gli chiesi di farmi da testimone alle mie nozze. Eravamo talmente inseparabili che quando incontrai la donna della mia vita, ero assieme ad Andrea in una delle nostre "serate tipo".

Dopo seguirono le falesie, le vie in montagna - niente di che - ma fondamentali per me, alle prime esperienze. Lui, con Francesco, Massimino, Paolo, Guglio, aveva già salito la Marmolada, le Pale, in Galles, Buoux, il Verdon… ciononostante non mi trascurava mai, ed anzi trovava sempre la pazienza per scalare con il vecchio noioso.

La pazienza era una sua nota precipua: che io ricordi mai una discussione con nessuno, un litigio, uno screzio… e non per casualità o per codardia. Il suo carattere giocoso e la simpatia che lo circondava erano contagiose. Ed irresistibili.

Così come nella musica avevo sempre testardamente voluto essere autore dei brani che portavamo sui palchi, così sentivo impellente la necessità di creare "qualcosa di mio" non solo in falesia, bensì in ambiente montano. Andrea mi assecondò anche in questo.

Facemmo un tentativo chiamato "La Mala Ora" sulle placche lisciate dove ora sorge la ferrata del Contrario, terminato al secondo foro del trapano sezionale (sic!). Erano altri tempi, altre attrezzature. Ma quando Stefano Funck mise le mani sul primo trapano a scoppio Toscano (credo) il gioco si fece più serio. Con la protervia e la classe che lo hanno sempre contraddistinto, nacquero alcune delle vie Toscane più visionarie per l’epoca, alcune valutate per ciò che sono, altre in attesa di degna riscoperta. Fantastica, Draghi Volanti, Vanessa… tutte vie targate S.Funck e A. Loprieno. Così, in una di queste ricognizioni con Stefano, Andrea scoprì le placche di San Viano, quelle che adesso abbiamo chiamato in suo onore "Le placche del Peo".

Conoscendo bene il mio desiderio inconfessato, mi propose quindi di aprire assieme una via di più tiri - doveva ancora nascere il termine multipitch - proprio in quella zona che, mi assicurò, offriva un calcare che lui - geologo di fama - non aveva ravvisato in nessuna parte delle Apuane.
Aderii immediatamente, a patto di poter battezzare la via una volta terminata, con un nome che la definisse appieno. In quel momento non potevo ancora sapere che avrebbe anche immortalato il mio rapporto con lui, oltre che le caratteristiche arrampicatorie della zona...

Ci calammo dall’alto, frazionando su un albero, e con in mano il piantaspit, per evitare di rimanere senza carica un’altra volta! In un’unica, irripetibile giornata, piantammo a mano tutti gli spit da 8mm che avevamo, con le piastrine regalate dalla Sezione del CAI di Pisa: quelle famose - anni dopo! - per la formazione di correnti galvaniche che le avrebbero "sfogliate" rendendole del tutto inutilizzabili.

Riuscimmo a chiodare quindi solo i primi due tiri, ripromettendoci di tornare quanto prima per aggiungerne almeno un terzo… e poi, chissà, magari addirittura un quarto! Mentre recuperai la corda dalla prima sosta essa rimase praticamente incollata alla parete, catturata dalla miriade di microcristalli che formano le Placche del Peo… Dissi: "per salirla, Andre, avranno bisogno di Suole (sòle in dialetto pisano) nuove di pacca!"

La via era, ed è a tutt’oggi, un capolavoro di aderenza su cristalli via via più microscopici. Un tipo di scalata al tempo considerata "il massimo". Dopo l’avvento degli strapiombi e dei mega-bicipiti, relegata ai "diversamente giovani". Gli altri non si sprecano e preferiscono la plastica. Tutto più semplice e diretto.

Non tornammo mai più a ripeterla, né tantomeno a chiodarne la parte successiva. Andrea, con un altro spassoso tratto della sua personalità, iniziò a "tirarmi dei pacchi" leggendari ogni volta che cercavo di combinare un incontro per tornarci! Nacque così la seconda parte del nome "Vecchi Pacchi" perché si verificavano in continuazione! Fu quindi Stefano a chiodare il terzo tiro per rendere possibile inserirla nel suo libretto "Arrampicate scelte in Apuane". Aveva infatti deciso di includere unicamente vie con almeno tre tiri di corda.

Adesso che una malattia tremenda mi ha - ha strappato Peo a tutti noi che abbiamo avuto il piacere e l’onore di trascorrere tempo assieme ad un’anima così nobile - a distanza di pochi mesi, i miei giovani amici Enrico Tomasin e Marco Fagiolini, mi hanno letto dentro capendo quanto io desiderassi fare qualcosa per ricordare in modo gioioso Andrea e l’amicizia che ci legava.

Così, dopo circa 5 anni che ho smesso di scalare, siamo tornati assieme noi tre, in quel luogo fatato (provare per credere) e assieme abbiamo richiodato non solo "Nove sòle, vecchi pacchi" ma anche tutta un’altra serie di monotiri, con l’intento di offrire a chi vorrà recarvisi, l’occasione di passare un’intera giornata scalando, divertendosi e godendosi la gioia della roccia.

Per l’occasione, io stesso ho calzato le scarpette un’ultima volta per rendere onore al mio amico.
Alle Placche del Peo, troverete diversi monotiri di nostra recente creazione, tutti con nomi riconducibili ad Andrea, accanto ad altre vie non meno belle di G.Coltelli, S.Funck e - per me una gioia insperata - anche un tiro di Maurizio Oviglia.

Il mio ringraziamento finale va quindi non solo ad Andrea, ma anche ad Enrico e Marco che mi hanno concesso di realizzare un progetto che da solo avevo solo osato pensare. Passate del tempo assieme a quei due. In loro scorgerete il medesimo entusiasmo che avevamo io e Peo.

Antonio Cecchi


LE PLACCHE DEL PEO A SAN VIANO

Accesso
Raggiungere la località di Campocatino e lasciare l’auto al parcheggio che si raggiunge dopo aver attraversato il paese al termine della strada sterrata. Seguire la carrareccia che poi diventa sentiero fino a dei cartelli segnaletici; seguire il sentiero evidente prima in piano e poi in ripida discesa fino al sasso panoramico del beato Viano. Raggiunto il sasso seguire a destra i corrimano metallici fino a dove questi scendono lungo un’esposta crestina (in alto a sx 2 fix indicano S0 di Fuga da Santippe); scendere lungo le corde fisse (scritta ‘placche del Peo’) e seguire poi una traccia con ometti fino al settore Roberto Nobili (targa metallica); in breve sempre seguendo gli ometti si perviene al settore principale. 20/30 min dall’auto. A ottobre 2019 lungo l'accesso si incontrano diversi tronchi fatti cadere dall'alto con noncuranza dalla ditta che ha svolto i lavori di risistemazione della strada di accesso all'eremo: prestare attenzione.

Nella stagione invernale spesso l’accesso suddetto può presentare neve e ghiaccio anche se la parete vista la sua favorevole esposizione è perfettamente asciutta e godibile. In questo caso è possibile accedere all’eremo dal paese di Vagli Sopra: attraversare il paese entrando nella valle di Arnetola, parcheggiare al primo evidente incrocio dopo circa 1 km dal paese, prendere una traccia sulla destra in corrispondenza di una piccola falesia con alcuni brevissimi monotiri e seguire la via di lizza (ometti e sbiaditi segni rossi) prima per ripidi prati e poi per bel bosco di castagni fino all’eremo (40 minuti).

Note storiche
Le placche di San Viano si possono considerare una sorta di avancorpo del monte Roccandagia; la loro storia alpinistica è piuttosto recente (anni ‘90), nemmeno la guida di Angelo Nerli ne fa menzione. Questo si deve sostanzialmente a due fattori: l’assenza di una vera e propria cima da raggiungere e la tipologia di calcare che rende impossibile la chiodatura di tipo tradizionale. La parete, a differenza di altre tecnicamente più difficili come Sasso Rosso e Torri di Monzone, è giunta quindi vergine negli anni dell’arrampicata libera e della chiodatura a spit/fix, quando ad opera di Stefano Funck, Peo Loprieno e altri compagni sono nate le prime vie: Sussi e Biribissi e Carpe Diem, aperte dal basso con piantaspit e trapano a tracolla. Le difficoltà di salire dal basso su un calcare spesso avaro di tacche e buchetti per i cliff motiva la chiodatura originaria, molto parsimoniosa, di queste vie. La parete non ha tuttavia mai riscosso un grande successo soprattutto a causa della disomogeneità di gran parte degli itinerari tracciati, dovuta alla sua stessa morfologia: ad una prima parte di circa 50m di sviluppo piuttosto coricata seguono una seconda parte quasi verticale sempre sui 50m dove le difficoltà si impennano e infine una parte nuovamente coricata. La chiodatura originaria degli itinerari, spesso poco curata, e la loro discontinuità li hanno quindi condannati in parte all’oblio. A partire dagli ultimi anni, ad opera di un gruppo di arrampicatori della zona, è iniziata invece un’opera di valorizzazione del settore non più solo come sito per le vie lunghe ma come falesia con un buon numero di monotiri facili, adatti ai corsi di arrampicata o a chi semplicemente voglia cimentarsi con una scalata inconsueta in un contesto di grande bellezza. Allo stato attuale anche le vie lunghe sono attrezzate per essere ripetute solo con rinvii (portarne almeno 16) e corda singola (sufficiente la 70m, preferibile la 80m per alcuni itinerari), oltre naturalmente al casco e alla NDA. Sono pressoché inutili protezioni mobili: il calcare compatto di San Viano raramente offre buchi o fessure, presentandosi invece compatto e lavorato con piccolissime increspature e protuberanze. Per descrivere la roccia di San Viano si possono fare dei paragoni coi calcari più belli d’Italia, quello della Marmolada, del Gran Sasso o del Monte Oddeu in Sardegna, ma la cosa migliore da fare è toccare con mano questa perla delle Alpi Apuane.

Clima e stile di scalata
Le placche di San Viano sono esposte a Est/Sud Est e sono baciate dal sole fino al pomeriggio. La stagione migliore in cui arrampicare a San Viano è quella fredda: le terse giornate di novembre e dicembre permettono di scalare in maglietta. Gran parte degli itinerari asciugano rapidamente dopo la pioggia. Le condizioni ottimali per salire i tiri più difficili si hanno tuttavia con l’ombra, che permette di leggere meglio le piccole increspature che caratterizzano il calcare di San Viano. La scalata è ovunque esigente in termini di equilibrio e di movimento e raramente la forza si rivela risolutiva. I gradi dei nuovi itinerari hanno mantenuto come riferimento quelli delle vie storiche.

Pilastro dell’eremo
Fuga da Santippe 6b/c max 6a+ obb S1 (5a, 6a+, 5b, 6b/c, 6b/c) uscita a piedi sul sentiero dell’eremo. Via in ambiente particolare, meritevole di ripetizione ma con una qualità della roccia e della scalata non all’altezza delle vie della parete principale.

Salto del cane
Il primo settore che si incontra al termine della corda fissa, denominato ‘salto del cane’ secondo antiche leggende locali, presenta dei tentativi di salita ad opera di ignoti non portati a termine e in parte schiodati (evidenti tasselli senza piastrina vicino ad una fessura erbosa e una sosta di calata).
Eco di cani antichi, 6c/7a 25m via di continuità su buchi e tacche distanziati su muro verticale (M. Oviglia novembre 2018)
Stai sereno, 35m, via aperta a ottobre 2019 non ancora liberata (M. Oviglia ottobre 2019)

Settore Roberto Nobili
1) Roberto Nobili 7a/+ Max, 6b/+ obb., S1+/2
Via dedicata alla memoria di Roberto Nobili, medaglia d’oro al valore civile morto durante un soccorso sulla Pania la notte del 6 marzo 2000 a 45 anni.
2) Tom e Jerry 6b 6a/b 7b 6b obb non verificata (dalla partenza in comune prosegue a destra) dopo lo spezzone di corda dirigersi per rampa molto vegetata a destra, si ricongiunge nella parte finale alla Roberto Nobili

Placche del Peo
1a) Pioggia di luce progetto via lunga G. Pedrini
1b) Amedeo, broccami! 5b (G. Pedrini confluisce a S1 di Sussi, chiodatura distanziata)
1) Sussi e Biribissi, Difficoltà massima 7c o 7a+ e 1 punto di A0, 6b+ obb, S2. Prima salita: A. Loprieno e F. Nerli 1990
2) Il cordinatore 5b 20m
3) Aspetta 5 si fuma 2 5c+ 20m
4) Furetto del Falterona 6a 20m
4a) Il coniglio bianco ha sempre ragione 6a+ 20m
5) La resistenza non si processa 5c/6a 20m. La via è destinata a proseguire con almeno altre due lunghezze sul muro segnato dalla colata nera a sx del muro di Nove sóle.
5a) Lunghi e strani, 6a+ 20m un passaggio ostico e non molto protetto
6) My best bestman 6a 20m
7) Si fuma (siamo atleti) 5c+ 20m
8) Nove sóle vecchi pacchi. Prima Salita: A. Cecchi, A. Loprieno 1992; terminata successivamente da S. Funck. Richiodata a fix inox tra agosto e settembre 2018 da A. Cecchi, M. Fagiolini, E. Tomasin nel rispetto dell’impegno originale con minime correzione nel tracciato; in origine di tre tiri, si è ritenuto preferibile frazionarla in cinque per eliminare problemi di attrito delle corde.
9) Ringo boys 5c 20m
10) Lo scaccia 5b 20m - chiodatura ravvicinata (10 rinvii) ottima come primo approccio alla scalata di san Viano. Sosta con moschettone di calata.
11) Grande Magoo diff max 6b+ S2 6a+ obb - Via varia su splendida roccia, una delle meno difficili della parete, richiede comunque capacità di muoversi su difficoltà di 5c/6a in placca con chiodatura talvolta distanziata.
12) Carpe diem 6b+ max, 6a obb. S1 Necessari 12 rinvii e corda singola
13) Quo vadis 5c/6a 35m fino a S1 di Carpe Diem, chiodatura expo, distante e talvolta poco affidabile mista a fix neri e spit 8mm (non verificata seconda parte del tiro che raggiunge S2 di Cave Canem). In data 22/19/19 richiodata solo parzialmente ad opera di G. Pedrini
14) Cave Canem & variante Presario: S. Funck, anni 90
Richiodata, rivista e proseguita da G. Pedrini nella primavera 2018 col contributo economico dell’ASD Apuano Appeso. Difficoltà massima 6a+, 5c obb., S1
15) Nicola la Quercia diff max. 6b+ 6a+ obb S1+ destinata a proseguire con altri due tiri, parte subito a destra del saggio di cava.
L1 salire la placca facile fino a sostare su piccola cengia in corrispondenza di un albero. 18m, 5a. L2 salire la placca all’inizio più facile e poi più liscia ed avara di appigli per finire su una rigola svasa. Sosta attuale scomoda. 20m, 6b+
16) Salire verso la conoscenza 5a 18m (da ripulire vegetazione sotto alla sosta)




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