The North Face: Hervè Barmasse racconta la spedizione in Pakistan
Quando raggiungere la vetta non e' tutto: il racconto della spedizione di Herve' Barmasse in Pakistan.
Milano, 5 marzo 2010 È finalmente riuscito a fare ritorno a casa Hervè Barmasse, atleta italiano del Global Team The North Face, partito il 17 gennaio alla volta del Pakistan. La sua spedizione nella valle dello Shimshall si è infatti rivelata ben presto unesperienza per cuori forti, costellata di numerosi imprevisti e anche di momenti altamente drammatici.
Insieme a Kris Erikson e Eneko Pou, anchessi membri del Global Team The North Face, allalpinista Oscar Gorgorza e al dottor Marco Cavana, intensivista e membro dellequipe dellambulatorio di Medicina di Montagna dellOspedale Regionale di Aosta, il mese scorso Hervè aveva raggiunto le impervie montagne al confine tra Pakistan e Cina per tentare unimpresa già di per sé ad elevato coefficiente di difficoltà: la prima salita assoluta di cascate di ghiaccio di alta difficoltà tecnica a quote elevate, la prima discesa assoluta da una montagna di 6100 m calzando sci e snowboard e la salita di una cima inviolata.
Il forte vento e le rigide temperature registrate questinverno in Pakistan hanno però causato numerosi problemi agli scalatori, che per ben due volte hanno rischiato la vita: infatti, Hervè e i suoi compagni sono scampati prima ad una frana di enormi blocchi di roccia e successivamente ad una slavina. Pertanto, dopo aver aperto alcune cascate di ghiaccio, tenendo conto del pericolo rappresentato dal vento e dagli accumuli di neve e delle non perfette condizioni fisiche degli altri alpinisti, a poche centinai di metri dalla vetta inviolata di 6100 m il team ha dovuto rinunciare allambiziosa impresa.
La spedizione in Pakistan aveva però un secondo obiettivo di carattere umanitario: mettere a disposizione della comunità locale una solida esperienza in materia di alpinismo e insegnare le tecniche base di progressione su ghiaccio/misto e le pratiche di autosoccorso. Nella valle dello Shimshall sono infatti molti i portatori dalta quota con allattivo degli ottomila del tutto privi delle più elementari nozioni di alpinismo. Questo secondo obiettivo è stato raggiunto con successo: Hervè e gli altri scalatori del team hanno organizzato un corso di tecniche alpinistiche e di educazione sanitaria di base alla locale Shimshall Climbing School progetto nato nel 2008 grazie ad un altro alpinista del Global Team The North Face, Simone Moro.
I pur ragguardevoli risultati raggiunti dalla spedizione sono peraltro passati in secondo piano a seguito del crollo di una montagna nella Hunza Valley avvenuto il 4 gennaio: i massi caduti hanno infatti causato uno sbarramento sul fiume Hunza e quindi un lago dagli argini estremamente fragili. Se le acque dovessero esondare migliaia di persone sarebbero a rischio.
In tale situazione di emergenza, fondamentale è stato il contributo del dottor Marco Cavana, partito insieme a Hervè e agli altri scalatori con lo scopo di impartire lezioni di autosoccorso e igiene alla popolazione locale. Il dottor Cavana è stato infatti costretto a ritagliarsi un ruolo di medico di prima linea a seguito della frana e ha personalmente assistito due feriti gravi: un trauma alla colonna vertebrale a rischio di paralisi ai quattro arti e un caso di folgorazione. I due pazienti sono stati trattati a Gulmit, dove è presente un ospedale di recente costruzione, perfettamente attrezzato ma sprovvisto di personale medico che sappia utilizzare i macchinari. I due feriti sono stati poi trasportati in elicottero a Gilgit, con lunico volo che causa maltempo è stato possibile effettuare.
Insieme a Kris Erikson e Eneko Pou, anchessi membri del Global Team The North Face, allalpinista Oscar Gorgorza e al dottor Marco Cavana, intensivista e membro dellequipe dellambulatorio di Medicina di Montagna dellOspedale Regionale di Aosta, il mese scorso Hervè aveva raggiunto le impervie montagne al confine tra Pakistan e Cina per tentare unimpresa già di per sé ad elevato coefficiente di difficoltà: la prima salita assoluta di cascate di ghiaccio di alta difficoltà tecnica a quote elevate, la prima discesa assoluta da una montagna di 6100 m calzando sci e snowboard e la salita di una cima inviolata.
Il forte vento e le rigide temperature registrate questinverno in Pakistan hanno però causato numerosi problemi agli scalatori, che per ben due volte hanno rischiato la vita: infatti, Hervè e i suoi compagni sono scampati prima ad una frana di enormi blocchi di roccia e successivamente ad una slavina. Pertanto, dopo aver aperto alcune cascate di ghiaccio, tenendo conto del pericolo rappresentato dal vento e dagli accumuli di neve e delle non perfette condizioni fisiche degli altri alpinisti, a poche centinai di metri dalla vetta inviolata di 6100 m il team ha dovuto rinunciare allambiziosa impresa.
La spedizione in Pakistan aveva però un secondo obiettivo di carattere umanitario: mettere a disposizione della comunità locale una solida esperienza in materia di alpinismo e insegnare le tecniche base di progressione su ghiaccio/misto e le pratiche di autosoccorso. Nella valle dello Shimshall sono infatti molti i portatori dalta quota con allattivo degli ottomila del tutto privi delle più elementari nozioni di alpinismo. Questo secondo obiettivo è stato raggiunto con successo: Hervè e gli altri scalatori del team hanno organizzato un corso di tecniche alpinistiche e di educazione sanitaria di base alla locale Shimshall Climbing School progetto nato nel 2008 grazie ad un altro alpinista del Global Team The North Face, Simone Moro.
I pur ragguardevoli risultati raggiunti dalla spedizione sono peraltro passati in secondo piano a seguito del crollo di una montagna nella Hunza Valley avvenuto il 4 gennaio: i massi caduti hanno infatti causato uno sbarramento sul fiume Hunza e quindi un lago dagli argini estremamente fragili. Se le acque dovessero esondare migliaia di persone sarebbero a rischio.
In tale situazione di emergenza, fondamentale è stato il contributo del dottor Marco Cavana, partito insieme a Hervè e agli altri scalatori con lo scopo di impartire lezioni di autosoccorso e igiene alla popolazione locale. Il dottor Cavana è stato infatti costretto a ritagliarsi un ruolo di medico di prima linea a seguito della frana e ha personalmente assistito due feriti gravi: un trauma alla colonna vertebrale a rischio di paralisi ai quattro arti e un caso di folgorazione. I due pazienti sono stati trattati a Gulmit, dove è presente un ospedale di recente costruzione, perfettamente attrezzato ma sprovvisto di personale medico che sappia utilizzare i macchinari. I due feriti sono stati poi trasportati in elicottero a Gilgit, con lunico volo che causa maltempo è stato possibile effettuare.
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