La morte sospesa
Touching the void
Un film sul senso della vita, sulla morte e sull'uomo che, nonostante le apparenze, solo casualmente è anche un alpinista.
Planetmountain
Anno
2003
Produttore
John Smithson
Recensitore
Vinicio Stefanello
Pagine
106
Lingua
Italiano
Premi
"Gran Premio Genziana d'Oro al 52° Film Festival Internazionale di Trento" "Premio Alexander Korda per il Miglior Film Inglese ai BAFTA Awards" "Miglior Film al Evening Standard British Film Awards"
Due uomini, il Siula Grande e una corda. Agli alpinisti di tutto il mondo basta e avanza, è già chiaro: si tratta dell'incredibile storia di Joe Simpson e Simon Yates e della prima salita della (terribile) parete di una sperduta e bellissima cima peruviana. Anzi, questa è la storia dell'allucinante lotta di Joe per ritornare alla vita. Ma è anche il dramma di una scelta, quella di Simon, che in una frazione di secondo è costretto a decidere tra la sua esistenza e quella del compagno di scalata. E poi, è la storia di una corda recisa, di una forzata separazione che immediatamente si trasforma in una perdita irrecuperabile. E, ancora, è uno sguardo dentro al baratro di quell'immensa, sconvolgente, indescrivibile solitudine che assale chi si trova a percorrere la terra di nessuno che sta tra la vita e la morte. Questa, insomma, è la storia tutta vera, o meglio queste sono le infinite storie tra loro assolutamente dipendenti, raccontate da Joe Simpson in Touching the void, La morte sospesa, pluri premiato bestseller ora divenuto anche un film, in uscita nelle sale italiane il 18 marzo prossimo. Si sa, quando un libro di successo si trasforma in pellicola il risultato non è mai scontato, anzi. E' un'impresa difficile. Soprattutto se si ha a che fare con una vicenda come questa che oltrepassa i confini della sofferenza e dell'umanamente prevedibile, tanto da sembrare più un incubo paranoico che una realtà davvero vissuta. Perché, quella vissuta da Joe e Simon, è un'esperienza così globale e totalizzante che ciò che è del corpo e ciò che è della mente, pian piano, si fondono fino a far dimenticare qualsiasi distinzione tra sofferenza fisica e psicologica, tra paura, coraggio e incoscienza, tra vita e morte... Nel suo libro Joe Simpson fa cadere il lettore nel crepaccio, lo trascina per il ghiacciaio, per le pietraie, gli fa rivivere, con la potenza evocatrice della parola scritta, la sua agghiacciante esperienza di convivenza con la morte... Come si fa a riprodurre tutto ciò per immagini? Beh… si può, almeno a giudicare da come ti lascia il film all'apparire dei titoli di coda. Si sta lì, tra l'esterefatto e il prostrato. Si rimane, sulla sedia, quasi doloranti, quasi si fosse rotolati per le pietre insieme a Joe, quasi si fosse sofferta quell'indicibile sofferenza, quell'impossibile viaggio insieme reale e metafisico. Sì, ha colpito nel segno Kevin Macdonald, il regista. Come ha colpito nel segno Joe Simpson che ha curato (chi meglio di lui poteva farlo?) il soggetto e la sceneggiatura. E non solo per le straordinarie riprese di azione girate sul Siula Grande e sulle Alpi (raramente si sono viste riprese "alpinistiche" così reali e coinvolgenti). Ma anche per la scelta di far intervenire direttamente, in video e voce, Joe Simpson e Simon Yates: adesso, dopo vent'anni da quei fatti, vederli e sentirli raccontare la loro storia è un film nel film. Un vero documento-dramma che via via traspare e s'esprime nei loro visi e nelle loro parole e che va di pari passo con ciò che i due attori, Nicholas Aaron e Brendan Mackey, interpretano in modo molto convincente nella finzione scenica. Il film è un crescendo drammatico che culmina nell'ultimo delirio psicadelico di Joe, ormai a pochi passi dalla salvezza. Sa di essere vicinissimo al campo, alla salvezza, chiama Simon che non risponde, è ormai convinto di essere solo, abbandonato, morto per l'ennesima volta. Non è così, ma "in quel momento ho perso qualcosa, l'ho persa per sempre…" è il suo commento. E queste parole forse danno l'esatta dimensione di ciò che ha vissuto e rivissuto in tutti questi anni. E' vero, questo è un film duro, forte, coinvolgente e terribile ma è un film sul senso della vita, sulla morte e sull'uomo che, nonostante le apparenze, solo casualmente è anche un alpinista. Da vedere! Vinicio Stefanello
Anno
2003
Produttore
John Smithson
Recensitore
Vinicio Stefanello
Pagine
106
Lingua
Italiano
Premi
"Gran Premio Genziana d'Oro al 52° Film Festival Internazionale di Trento" "Premio Alexander Korda per il Miglior Film Inglese ai BAFTA Awards" "Miglior Film al Evening Standard British Film Awards"