Di roccia e di ghiaccio
Storia dell'alpinismo in 12 gradi
La storia dell'alpinismo grado per grado, una lunga cavalcata sulle orme dei pionieri e dei nuovi fenomeni delle salite in velocità.
Planetmountain
Anno
2013
Editore
Laterza, 2013
Recensitore
Erminio Ferrari
Prezzo
18 Euro
Pagine
284
Lingua
italiano
ISBN
9788858108345
La storia dell'alpinismo è stata scritta e riscritta più e più volte. Seguendone un ordito cronologico, oppure sviluppandosi attorno a categorie di prestazione "più alto, più difficile, più veloce" soprattutto da quando la componente sportiva (ricordiamolo: solo una tra le altre) ha preso a prevalere. Una sintesi tra le due narrazioni è quella ora proposta da Enrico Camanni nel suo "Di roccia e ghiaccio - Storia dell'alpinismo in 12 gradi" (Laterza, 2013).
Giornalista, saggista, storico dell?alpinismo, romanziere, Camanni torna sui passi che altri hanno già compiuto, ma il suo andare conserva un'originalità che il registro divulgativo finisce per premiare (mentre spesso la questione è stata regolata da case editrici e scritture per iniziati). A partire dalla struttura circolare della sua narrazione: aperta dalla salita al Mont Ventoux di Petrarca (1336; grado zero) e chiusa dalla "trilogia" di Ueli Steck, the swiss machine (2008/2009; dodicesimo grado) che per salire le pareti nord dell'Eiger, del Cervino e delle Grandes Jorasses ha impiegato complessivamente sette ore e rotti: "Che con qualche approssimazione - così Camanni conclude il libro - corrispondono al tempo che Francesco Petrarca impiegò per salire in monte Ventoso della Provenza. Ma lui era un poeta".
Tra i due episodi (e Camanni giustamente corregge chi indica nel primo la sua salita inaugurale) scorre quella lunga vicenda di faticoso amore che continua a essere l'alpinismo. Teatro della quale sono state essenzialmente e a lungo le Alpi, da cui, in effetti, la storia raccontata da Camanni si allontana solo episodicamente. Forse per adesione all'etimo; o forse perché le stesse Alpi non furono solo incubatrice e culla dell'alpinismo, ma furono anche il terreno che stimolò e permise le sue più importanti evoluzioni. Quantomeno fino al "trasferimento" alle quote più elevate degli stili e delle tecniche qui sviluppate. Non è un caso, direi, che per indicare un approccio di salita leggero e "fair", in Himalaya si parli ancora di "stile alpino".
Luoghi e protagonisti di due secoli e mezzo di alpinismo (più un paio, tre, di antefatti) si succedono, grado su grado, coprendo con precisa coerenza i fatti noti e quelli meno scontati di questa ormai lunga storia. I nomi ci sono tutti (qualche riga in più per Bonatti, però, l'avrei scritta) e tutti concorrono a rappresentare quanto variegata è l'umanità che si avventura per le montagne. E questi sono solo quelli che ne hanno fatto la storia.
Pionieri inconsapevoli (i giovani di Gressoney, che nel 1778 salirono fino al Colle del Lys, ben oltre i quattromila metri, alla ricerca della "valle perduta" della tradizione walser) o élite conscia del proprio salto nel futuro, queste figure hanno ispirato generazioni di noi alpinisti ciabattoni che arranchiamo a inseguirne le imprese. E hanno ispirato un Camanni saggista nella forma che, più del romanzo, ne valorizza al meglio la penna.
La sua chiave interpretativa della passione che ci accomuna è nella citazione dal celebre "Monte Analogo" di René Daumal, romanzo di "avventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche". Eccolo spiegato l'alpinismo: indimostrabile nella sua essenza, potentemente simbolico nell'azione concreta. Del resto le montagne "sono là", quale motivo in più occorrerebbe per farsene stregare?
Giornalista, saggista, storico dell?alpinismo, romanziere, Camanni torna sui passi che altri hanno già compiuto, ma il suo andare conserva un'originalità che il registro divulgativo finisce per premiare (mentre spesso la questione è stata regolata da case editrici e scritture per iniziati). A partire dalla struttura circolare della sua narrazione: aperta dalla salita al Mont Ventoux di Petrarca (1336; grado zero) e chiusa dalla "trilogia" di Ueli Steck, the swiss machine (2008/2009; dodicesimo grado) che per salire le pareti nord dell'Eiger, del Cervino e delle Grandes Jorasses ha impiegato complessivamente sette ore e rotti: "Che con qualche approssimazione - così Camanni conclude il libro - corrispondono al tempo che Francesco Petrarca impiegò per salire in monte Ventoso della Provenza. Ma lui era un poeta".
Tra i due episodi (e Camanni giustamente corregge chi indica nel primo la sua salita inaugurale) scorre quella lunga vicenda di faticoso amore che continua a essere l'alpinismo. Teatro della quale sono state essenzialmente e a lungo le Alpi, da cui, in effetti, la storia raccontata da Camanni si allontana solo episodicamente. Forse per adesione all'etimo; o forse perché le stesse Alpi non furono solo incubatrice e culla dell'alpinismo, ma furono anche il terreno che stimolò e permise le sue più importanti evoluzioni. Quantomeno fino al "trasferimento" alle quote più elevate degli stili e delle tecniche qui sviluppate. Non è un caso, direi, che per indicare un approccio di salita leggero e "fair", in Himalaya si parli ancora di "stile alpino".
Luoghi e protagonisti di due secoli e mezzo di alpinismo (più un paio, tre, di antefatti) si succedono, grado su grado, coprendo con precisa coerenza i fatti noti e quelli meno scontati di questa ormai lunga storia. I nomi ci sono tutti (qualche riga in più per Bonatti, però, l'avrei scritta) e tutti concorrono a rappresentare quanto variegata è l'umanità che si avventura per le montagne. E questi sono solo quelli che ne hanno fatto la storia.
Pionieri inconsapevoli (i giovani di Gressoney, che nel 1778 salirono fino al Colle del Lys, ben oltre i quattromila metri, alla ricerca della "valle perduta" della tradizione walser) o élite conscia del proprio salto nel futuro, queste figure hanno ispirato generazioni di noi alpinisti ciabattoni che arranchiamo a inseguirne le imprese. E hanno ispirato un Camanni saggista nella forma che, più del romanzo, ne valorizza al meglio la penna.
La sua chiave interpretativa della passione che ci accomuna è nella citazione dal celebre "Monte Analogo" di René Daumal, romanzo di "avventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche". Eccolo spiegato l'alpinismo: indimostrabile nella sua essenza, potentemente simbolico nell'azione concreta. Del resto le montagne "sono là", quale motivo in più occorrerebbe per farsene stregare?
Anno
2013
Editore
Laterza, 2013
Recensitore
Erminio Ferrari
Prezzo
18 Euro
Pagine
284
Lingua
italiano
ISBN
9788858108345