Manolo

Il ritratto di Maurizio Zanolla, in arte Manolo, che ha fatto dell’arrampicata (libera) e della libertà di arrampicare una fonte di conoscenza ed esperienze per interpretare la vita e la natura. Di Edoardo Falletta.
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Manolo su Pinne Gialle (Tognazza, Passo Rolle, Dolomiti)
Matteo Mocellin / Storyteller-labs
Nel mondo ideale fatto di sogno, dove risiedono i nostri più intimi desideri e dove sono riposte le più ambiziose speranze, regnano i nostri eroi. Essi sono la rappresentazione di ciò che avremmo voluto essere ma che non siamo stati in grado o non abbiamo avuto la possibilità di diventare. Uomini importanti ed illuminati che con le loro gesta hanno dato un qualche contributo all’evoluzione dell’umanità. Oppure uomini semplici che per il solo fatto di apparire pubblicamente o su uno schermo, sono oggetto di tributi, attenzioni ed un’importanza che forse, spesso, non meritano.

Nel regno magico fatto di sassi, di vento e di sole, reame dello sfuggente e dell’effimero per eccellenza, regna indiscusso per me Maurizio Zanolla. Il suo nome d’arte è leggenda: Manolo. Lui, infatti, è l'uomo che quarant’anni fa, guardando le montagne lontane sul filo dell’orizzonte, decise di togliersi gli scarponi dai piedi, mettere un paio di scarpe da ginnastica e iniziare a scalare. Quello che per molti uomini poteva rappresentare uno svantaggio, cioè la più totale assenza di nozioni alpinistiche, per Manolo rappresentò, al contrario, il più grande vantaggio e fu uno dei motivi del suo strepitoso successo. Senza il freno e la briglia imposti dai vincoli e dalle regole, Manolo cominciò a scalare. Liberamente. Grazie a quel gesto così terribilmente semplice che passò in un paio di scarpe dalle suole leggere, nacque l’arrampicata sportiva moderna. La rivoluzione nel modo di affrontare le pareti, che ancora oggi non è cambiato, iniziò con Manolo, quel giorno.

Se ammettiamo che, dato l’impulso iniziale, una qualsiasi attività vive una vita autonoma, secondo regole che spesso sfuggono alla comprensione anche di quelle persone che quel percorso hanno contribuito ad avviarlo, anche l’arrampicata, in questi quarant’anni trascorsi dal sovvertimento delle consuetudini di Manolo, è molto cambiata, progredendo secondo leggi sue proprie. "Quel modo di scalare, almeno agli inizi della mia carriera, era così concettualmente distante da come l’arrampicata è diventata ed è vissuta oggi. Anni luce da dove avrei provato anche solamente ad immaginare. Io che arrampicando sulle cime delle montagne fuggivo dai luoghi comuni e dalle convenzioni sociali di un ambiente che non sentivo mio e che non mi dava niente, mai avrei pensato che l'arrampicata potesse finire sulle plastiche colorate delle palestre indoor".

La montagna vissuta intensamente, non come un surrogato bensì come profonda esperienza per potersi confrontare con se stessi e con le persone che ci circondano, ma anche per fare un bilancio con quella che è l’inevitabile quotidianità fatta di gesti consueti ed abituali. Arrampicare, quale massima espressione di libertà. Spazio dove gli uomini che scelgono di farlo, con passione e consapevolezza, hanno il diritto di vivere le loro esperienze e di trasmettere il loro coraggio e la loro creatività. "Le montagne giocano un ruolo fondamentale nel contesto di un'attività estrema alterando gli stati d’animo e di cognizione. Gli alpinisti che si avventurano in questi luoghi impervi, sviluppano con lo stratificarsi dell’esperienza, una particolare capacità di percepire i pericoli".

Manolo ha avuto la grande fortuna di vivere una vita libera, dominata solamente dal fuoco del suo grande amore per la scalata. Una passione che per quanto abbia dato un’importante impronta e direzione alla sua esistenza, non lo ha mai completamente travolto. Le scalate dei primi tempi, quelle intraprese senza l’utilizzo dei chiodi, anziché essergli fatali, sono state lo spunto per iniziare un’intensa attività di ricerca che lo ha portato a confrontarsi, con fantasia e creatività, con nuove situazioni e su terreni sempre diversi. "Quando ci si accorge di avere imboccato una strada che non è corretta, bisogna avere il coraggio, la forza e l’intelligenza di fare un passo indietro e cercare altre direzioni" .

Alla fine degli anni ’70 Manolo è uno dei pochissimi arrampicatori ad avere raggiunto il grado di 7c in montagna. Le falesie stanno prendendo sempre più piede ma scalare in quota è tutta un’altra cosa. La difficoltà, oltre che dall’ambiente selvaggio e spesso ostile, sono date dalle lunghe e faticose camminate sotto il sole che bisogna affrontare per ripidi sentieri prima di poter finalmente indossare l’imbragatura e cominciare a scalare.

"Quando sono sceso dalle montagne avevo già fatto tutto quello che personalmente ritenevo interessante, il resto quasi non mi incuriosiva più. Questa velocità con la quale avevo cambiato il modo di affrontare le difficoltà mi ha anche un po’ frenato sotto certi aspetti. Fortunatamente mi sono poi accorto di montagne più piccole, nascoste nei boschi o vicino al mare e guardandole con occhi nuovi, attraverso le esperienze che avevo fatto in montagna ho iniziato ad arrampicare in un altro modo, più fantasioso, ricercando maggiormente il movimento e il gesto duro ed estetico".

Il modo in cui si vedono le montagne dipende molto dalla sensibilità delle persone che si approcciano ad esse e le guardano. Abbiamo tutti una maniera così diversa di vivere e percepire la montagna. Oggi le montagne sono cambiate moltissimo, sono diventate più accessibili e fruibili anche a chi non ha grandi doti alpinistiche. Spesso non rappresentano più quel terreno estremamente difficile e selvaggio, ma sono diventate semplicemente il luogo nel quale l’uomo è riuscito ad integrarsi in armonia con l'ambiente. Questo meraviglioso scenario accompagna tutta la giornata di Manolo che in questi luoghi ha deciso di costruire la propria casa. "Questa rotondità mi è diventata forse più comprensibile ad una certa età perché prima giustamente non avevo il tempo per soffermarmi davanti al fascino romantico che i cambiamenti di colore, nel lento mutarsi delle stagioni, lasciano immaginare nella loro sublime bellezza".

Edoardo ringrazia Mauro Marcolin e Wild Climb per il supporto

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