Convegno nazionale CAAI: Guido Magnone socio ad honerem
Grande partecipazione e grandi nomi dell’alpinismo al Congresso Nazionale del Club Alpino Accademico Italiano, che si è tenuto il 6 ottobre 2007 al Forte di Bard (Valle d’Aosta) sull’etica di apertura delle vie in montagna. Momenti di emozione all’incontro con il primo salitore del Fitz Roy e della parete ovest del Dru, Guido Magnone. Nell’appendice arrampicatoria, Larcher interpreta il Kaciun con un nuovo 8a in Valle dell’Orco.
1 / 17
Guido Magnone, vincitore con Lionel Terray del Fitz Roy
Mauro Penasa
Non si era mai vista tanta gente (oltre 200 partecipanti ad un Convegno Nazionale del Club Alpino Accademico). Tanto successo si deve al tema trattato “Apritori a confronto: l’etica di apertura delle vie nuove”, alla straordinaria location, il Forte di Bard ha incantato tutti, e sicuramente alla prestigiosa carrellata di oratori che hanno coinvolto il pubblico, illustrando con grande pathos esperienze di cinquant’ anni di alpinismo di alto livello.
Il Presidente della Regione Autonoma della Valle D’Aosta On. Luciano Caveri, ha aperto l’assemblea accolto dal Presidente Generale del CAAI Giacomo Stefani e dal Presidente del CAAI Occidentale Massimo Giuliberti che aveva l’onere dell’organizzazione del convegno. Si è entrati subito dunque nel cuore delle testimonianze, un raro ed emozionante filmato d’epoca girato durante la prima scalata del Fitz Roy, ha introdotto il primo grande ospite, Guido Magnone, vincitore con Lionel Terray della guglia patagonica.
Novant’anni, vispo e commosso da un interminabile applauso, Magnone, in coppia con l’Accademico e storico dell’alpinismo Pietro Crivellaro, ha rivissuto in diretta l’apertura della sua via alla ovest del Dru, tentata dai più forti dell’epoca con scarso successo. Magnone e compagni riuscirono nella scalata, ma per riprendere il punto dal quale erano arrivati, fecero un traverso in piena parete utilizzando dei chiodi a pressione. Gli stessi chiodi furono poi utilizzati nel famoso salvataggio effettuato anni dopo da Gary Hemming e Renè Desmaison, recentemente scomparso.
Interpellato sulla questione del traverso, Magnone ha minimizzato la polemica, mettendo l’accento sul valore dell’impresa che aveva intimorito calibri come Rebuffat, Livanos e le forti guide di Chamonix. Magnone, gloria dell’alpinismo francese, ci ha tenuto a bofonchiare qualche parola in italiano, ricordando le sue origini torinesi, mentre con un colpo di teatro gli veniva presentato Nando Nusdeo, primo ripetitore italiano della sua via sul Dru. In conclusione il Presidente Stefani, a sorpresa, rivelava che l’assemblea lo nominava ad Honorem Socio del CAAI.
Ma la festa era appena cominciata, che un altro grandissimo alpinista, Alessandro Gogna, ha subito buttato la palla al centro con un intervento, da par suo, tagliente. Si è definito Partigiano della storia “aperto alle novità e alle innovazioni quanto chiuso alla cecità e alla brutalità dell’atletica trasferita in montagna” ribadendo l’idea di fondo che “..non dovrebbe succedere che la filosofia plaisir invada i terreni dell’avventura…” . Quindi Fabio Palma fresco delle sue nuove vie nel Wenden e in Sardegna ha presentato un filmato dove forse, per la prima volta, il pubblico ha potuto comprendere quali sono le difficoltà e lo stress di una via obbligatoria chiodata dal basso.
Poi è stato il turno degli Accademici. Ugo Manera ha cercato nelle vie nuove una interpretazione personale dell’alpinismo, in ogni caso circoscrivendo il fattore rischio. Rolando Larcher ha insistito sulla correttezza dei mezzi, di quanto si racconta e soprattutto che l’apertura con protezioni fisse ha senso solo dove si è in grado di ripetere in libera la via. Nando Nusdeo ha ricordato le scarse attrezzature degli anni ’50 utilizzate nelle sue scalate sulle Alpi e in Patagonia. Manrico Dell’Agnola, fa un appello a limitare al massimo i mezzi artificiali in nome dell’avventura, pazienza se poi le vie sono impopolari, ha quindi chiuso gli interventi strutturati l’eclettico Erik Svab, che ha esplorato ad altissimo livello tutti i campi della scalata, dry tooling, roccia, gare di velocità, cascate ecc. per Erik ciò che resta della sua vita di Papa’-Alpinista “sono i figli e le vie nuove”.
Molti altri partecipanti sono intervenuti nella discussione. Carlo Alberto Pinelli ricordando le valenze di Mountain Wilderness a proposito di conservazione delle montagne. Marco Furlani che ha simpaticamente rivendicato il diritto di aprire le vie come uno è capace. Maurizio Carcerieri, della Commissione Nazionale scuole di Alpinismo, che ha difeso la didattica delle scuole “insegnamo anche a mettere i chiodi…”. Sergio Cerutti, della Scuola Nazionale di Alpinismo Gervasutti di Torino, che ha puntualizzato come oggi si iscrive ai corsi chi viene dalle palestre artificiali, non più dall’escursionismo, di qui la difficoltà di portare gli allievi su terreni alpinistici con l’uso di protezioni mobili, attività che dovrebbe essere la prosecuzione di una maturazione personale. Il pubblico è rimasto molto attento e partecipe fino alla fine quando una stupenda ed inedita raccolta di filmati d’epoca, con protagonista Gabriele Boccalatte, ha celebrato i cento anni dalla nascita di questo grande scalatore e Accademico. Il ricupero di questo materiale lo si deve al figlio che era presente in sala.
Ma i Bakucchi, così qualcuno ha defnito con simpatica ironia su un forum gli Accademici, hanno lasciato il segno anche sulle rocce. Domenica 7/10 Erik Svab e Rolando Larcher hanno ripetuto in libera la via della Rivoluzione al Caporal in valle dell’Orco, riuscita a Larcher in Flash. Ma Rolando aveva ancora tempo e benzina, così lunedì 8/10, accompagnato da Andrea Giorda, ha regalato un nuovo monotiro da antologia, tutto naturale valutato 8a… cattivo. Il tiro, spettacolare, protetto con spit è su tacchette leggermente strapiombanti, con un dulferino assassino finale. Il tiro, battezzato “il Kaciun” - che nonostante la grafia creativa viene dal piemontese caccione: colui che trassa, frega, si vanta e non la conta giusta… (a buon intenditor poche parole)… - si trova sul lato b della torre d’attacco del Nautilus (Sergent, Valle Orco) di fronte ad Elisir d’incastro. Niente male ‘sti Bakucchi!
di Andrea Giorda
Il Presidente della Regione Autonoma della Valle D’Aosta On. Luciano Caveri, ha aperto l’assemblea accolto dal Presidente Generale del CAAI Giacomo Stefani e dal Presidente del CAAI Occidentale Massimo Giuliberti che aveva l’onere dell’organizzazione del convegno. Si è entrati subito dunque nel cuore delle testimonianze, un raro ed emozionante filmato d’epoca girato durante la prima scalata del Fitz Roy, ha introdotto il primo grande ospite, Guido Magnone, vincitore con Lionel Terray della guglia patagonica.
Novant’anni, vispo e commosso da un interminabile applauso, Magnone, in coppia con l’Accademico e storico dell’alpinismo Pietro Crivellaro, ha rivissuto in diretta l’apertura della sua via alla ovest del Dru, tentata dai più forti dell’epoca con scarso successo. Magnone e compagni riuscirono nella scalata, ma per riprendere il punto dal quale erano arrivati, fecero un traverso in piena parete utilizzando dei chiodi a pressione. Gli stessi chiodi furono poi utilizzati nel famoso salvataggio effettuato anni dopo da Gary Hemming e Renè Desmaison, recentemente scomparso.
Interpellato sulla questione del traverso, Magnone ha minimizzato la polemica, mettendo l’accento sul valore dell’impresa che aveva intimorito calibri come Rebuffat, Livanos e le forti guide di Chamonix. Magnone, gloria dell’alpinismo francese, ci ha tenuto a bofonchiare qualche parola in italiano, ricordando le sue origini torinesi, mentre con un colpo di teatro gli veniva presentato Nando Nusdeo, primo ripetitore italiano della sua via sul Dru. In conclusione il Presidente Stefani, a sorpresa, rivelava che l’assemblea lo nominava ad Honorem Socio del CAAI.
Ma la festa era appena cominciata, che un altro grandissimo alpinista, Alessandro Gogna, ha subito buttato la palla al centro con un intervento, da par suo, tagliente. Si è definito Partigiano della storia “aperto alle novità e alle innovazioni quanto chiuso alla cecità e alla brutalità dell’atletica trasferita in montagna” ribadendo l’idea di fondo che “..non dovrebbe succedere che la filosofia plaisir invada i terreni dell’avventura…” . Quindi Fabio Palma fresco delle sue nuove vie nel Wenden e in Sardegna ha presentato un filmato dove forse, per la prima volta, il pubblico ha potuto comprendere quali sono le difficoltà e lo stress di una via obbligatoria chiodata dal basso.
Poi è stato il turno degli Accademici. Ugo Manera ha cercato nelle vie nuove una interpretazione personale dell’alpinismo, in ogni caso circoscrivendo il fattore rischio. Rolando Larcher ha insistito sulla correttezza dei mezzi, di quanto si racconta e soprattutto che l’apertura con protezioni fisse ha senso solo dove si è in grado di ripetere in libera la via. Nando Nusdeo ha ricordato le scarse attrezzature degli anni ’50 utilizzate nelle sue scalate sulle Alpi e in Patagonia. Manrico Dell’Agnola, fa un appello a limitare al massimo i mezzi artificiali in nome dell’avventura, pazienza se poi le vie sono impopolari, ha quindi chiuso gli interventi strutturati l’eclettico Erik Svab, che ha esplorato ad altissimo livello tutti i campi della scalata, dry tooling, roccia, gare di velocità, cascate ecc. per Erik ciò che resta della sua vita di Papa’-Alpinista “sono i figli e le vie nuove”.
Molti altri partecipanti sono intervenuti nella discussione. Carlo Alberto Pinelli ricordando le valenze di Mountain Wilderness a proposito di conservazione delle montagne. Marco Furlani che ha simpaticamente rivendicato il diritto di aprire le vie come uno è capace. Maurizio Carcerieri, della Commissione Nazionale scuole di Alpinismo, che ha difeso la didattica delle scuole “insegnamo anche a mettere i chiodi…”. Sergio Cerutti, della Scuola Nazionale di Alpinismo Gervasutti di Torino, che ha puntualizzato come oggi si iscrive ai corsi chi viene dalle palestre artificiali, non più dall’escursionismo, di qui la difficoltà di portare gli allievi su terreni alpinistici con l’uso di protezioni mobili, attività che dovrebbe essere la prosecuzione di una maturazione personale. Il pubblico è rimasto molto attento e partecipe fino alla fine quando una stupenda ed inedita raccolta di filmati d’epoca, con protagonista Gabriele Boccalatte, ha celebrato i cento anni dalla nascita di questo grande scalatore e Accademico. Il ricupero di questo materiale lo si deve al figlio che era presente in sala.
Ma i Bakucchi, così qualcuno ha defnito con simpatica ironia su un forum gli Accademici, hanno lasciato il segno anche sulle rocce. Domenica 7/10 Erik Svab e Rolando Larcher hanno ripetuto in libera la via della Rivoluzione al Caporal in valle dell’Orco, riuscita a Larcher in Flash. Ma Rolando aveva ancora tempo e benzina, così lunedì 8/10, accompagnato da Andrea Giorda, ha regalato un nuovo monotiro da antologia, tutto naturale valutato 8a… cattivo. Il tiro, spettacolare, protetto con spit è su tacchette leggermente strapiombanti, con un dulferino assassino finale. Il tiro, battezzato “il Kaciun” - che nonostante la grafia creativa viene dal piemontese caccione: colui che trassa, frega, si vanta e non la conta giusta… (a buon intenditor poche parole)… - si trova sul lato b della torre d’attacco del Nautilus (Sergent, Valle Orco) di fronte ad Elisir d’incastro. Niente male ‘sti Bakucchi!
di Andrea Giorda
Note: Club Alpino Accademico Italiano
à una ‘Sezione Nazionale’ del Club Alpino Italiano (C.A.I.) alla quale sono ammessi soci del CAI alpinisti non professionisti, che hanno svolto un’attività alpinistica di particolare rilievo per almeno 5 anni. I soci del C.A.A.I. sono attualmente circa 300 (circa 1/1000 dei soci del CAI). Il CAAI organizza convegni di alpinisti e cura pubblicazioni allo scopo di promuovere la pratica dell’alpinismo di alta difficoltà su tutte le montagne del mondo. Il CAAI è impegnato per la conservazione o il ripristino dell’ambiente originario dell’alta montagna.
à una ‘Sezione Nazionale’ del Club Alpino Italiano (C.A.I.) alla quale sono ammessi soci del CAI alpinisti non professionisti, che hanno svolto un’attività alpinistica di particolare rilievo per almeno 5 anni. I soci del C.A.A.I. sono attualmente circa 300 (circa 1/1000 dei soci del CAI). Il CAAI organizza convegni di alpinisti e cura pubblicazioni allo scopo di promuovere la pratica dell’alpinismo di alta difficoltà su tutte le montagne del mondo. Il CAAI è impegnato per la conservazione o il ripristino dell’ambiente originario dell’alta montagna.
www.clubalpinoaccademico.it | |
Expo Grivel |
Ultime news
Vedi tutte le ultime news
Expo / News
Expo / Prodotti
Scarpone ultraleggero, veloce per alpinismo tecnico.
Il guscio definitivo per ogni uscita invernale.
Scarpone per alpinismo in alta quota e arrampicata su ghiaccio.
Realizzati uno ad uno in Dolomiti con lana merinos italiana.
Nuovissimi sci SCOTT, leggeri per lo scialpinismo e modellati per il freeride.
Moschettone con ghiera a vite, ultracompatto e ultraleggero con forma a pera