Torri del Paine, intervista con Favresse dopo la libera di El Regalo de Mwono in Patagonia

Intervista a Nicolas Favresse dopo la prima libera, effettuata con Sean Villanueva O'Driscoll e Siebe Vanhee, della via d'arrampicata su big wall El Regalo de Mwono (1200m, 8a) sulla parete est della Torre Centrale del Paine, Patagonia.
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Siebe Vanhee, Sean Villanueva e Nicolas Favresse in cima alla Torre Centrale del Paine in Patagonia, dopo aver salito 'El Regalo de Mwono' sulla parete est.
archive Favresse

Come riportato a fine febbraio, i belgi  Nicolas FavresseSean Villanueva O’DriscollSiebe Vanhee hanno effettuato la prima libera di El Regalo de Mwono sulla parete est della Torre Centrale del Paine, Patagonia. Si tratta della via di 1200m aperta tra il 1991/1992 da Paul Pritchard, Simon Yates, Sean Smith e Noel Craine con difficoltà fino a VI, 5.10, A4, e ora salita in libera con difficoltà fino all' 8a. Ma oltre alle difficoltà tecniche, la salita è stata sicuramente l'esperienza più intensa finora vissuta dai tre in Patagonia. 19 giorni in parete, con soltanto un tiro da liberare ma a corto di cibo e senza la possibilità di scendere, come ci ha raccontato Favresse in questa intervista.


Da quanto tempo avevate in mente questa via?

Quando abbiamo salito la via dei Sud Africani nel 2009 sono rimasto colpito da questa linea. Sostanzialmente è solo un'unica lunga, sottile fessura che corre dal basso verso l'alto della Torre Centrale. È sottile, ma così evidente. Così ho pensato: "Wow, se fosse scalabile in libera sarebbe incredibile! E se non fosse possibile liberare tutto, sicuramente ci sarebbero comunque alcuni tiri pazzeschi da fare in libera!". Così il nostro pensiero iniziale, a priori, era che sarebbe stato impossibile effettuare la prima libera, ma se ci fosse stata anche solo una piccola possibilità, avrebbe certamente valso la pena andare lì e provare ;-) Eravamo pronti mentalmente a "fallire" nel nostro intento della libera, e questo ha aperto le nostre menti ad accettare che accadesse qualsiasi cosa.

Tu e Sean siete un team da lunga data. Parlaci invece di Siebe...
A 25 anni, Siebe è un giovane talento dell’arrampicata belga. È molto motivato ed è un climber molto forte a tutto tondo. Ha anche un passato simile al mio e qa uello di Sean, proviene dall’arrampicata sportiva e dall’arrampicata in palestra, poi ha trasferito le sue capacità su vari tipi d’arrampicata più avventurosa. Negli ultimi anni, in parallelo con i suoi studi, ha effettuato spedizioni in Groenlandia, Venezuela, Madagascar e Siberia dove ha acquisito molta esperienza. Ora che ha concluso i suoi studi sembra pronto per portare la sua arrampicata ad un livello successivo. Per Sean e me è stata una cosa davvero bella avere con noi Siebe e la sua ventata d’energia fresca. Ha funzionato alla grande! Ma deve assolutamente imparare a suonare uno strumento!

Per che cosa eravate pronti, e per che cosa invece no?
Credo, come ho detto prima, che eravamo pronti a scoprire che l’arrampicata in libera si sarebbe rilevata troppo difficile o addirittura impossibile. E ovviamente eravamo pronti per essere flagellati dal maltempo… Detto questo, non ci aspettavamo che il tempo fosse così brutto! Io non ero pronto a trascorre 19 giorni in parete. Avevo il volo di ritorno per l’Europa il 17 febbraio - purtroppo però ero ancora in parete mentre l'aereo è decollato! Non c'era modo di scendere dalla parete in quella tempesta e allo stesso tempo eravamo così vicini a liberare tutta la via che è valsa la pena essere pazienti e perdere il volo.

Allora come sono andate le cose?
In 4 giorni di arrampicata abbiamo fissato le corde sulle placche nella parte bassa della via, fino ad una cengia a circa 400 metri da terra. Inoltre, abbiamo camminato avanti e indietro, trasportando tutto il nostro materiale dall'ingresso del parco fino alla base della parete. Per fare tutto ciò ci sono voluti circa 10 giorni. In quei giorni sulle placche basse faceva molto freddo, la roccia era innevata e bagnata e spesso siamo stati colpiti da tempeste di neve, quindi siamo stati lenti, sin dall'inizio e… fino alla fine. In 4 giorni abbiamo salito quello che avremmo potuto fare in una giornata in condizioni ideali. Dopo di che abbiamo aspettato un paio di giorni prima che il tempo ci permettesse di ritornare in parete. Abbiamo risolto i successivi 10 tiri nei 2 giorni a disposizione, ma non siamo riusciti a salirne a-vista 5. Abbiamo liberato 2 di queste 5 lunghezze, poi abbiamo deciso di spostare il nostro campo il più vicino possibile nel cuore delle difficoltà, per sfruttare al meglio le brevi finestre di bel tempo per esplorare le possibilità di salire anche quei tiri in libera, oppure trovare delle varianti.

Com’era questo cuore delle difficoltà?
In un primo momento abbiamo pensato che 2 tiri fossero assolutamente impossibili da scalare in libera, ma dopo 3-4 giorni di lavoro con piedi e mani intorpidite abbiamo trovato una sequenza "funky", per salire in libera il tiro di A4 e per salire una bella variante di 35 metri senza spit, evitando così 4 metri completamente lisci. Se il tempo fosse stato buono avremmo potuto tentare più e più volte, ma faceva così freddo e c’era così tanto vento e neve che raramente abbiamo avuto l'opportunità di provare a liberare questi tiri. Voglio dire, un conto è salire una fessura di 5.10 quando fa molto freddo, totalmente diverso invece è salire una fessura difficile, lunga, molto sottile e sostenuta dove per forza devi sentire i tuoi piedi per poterli spalmare per bene, oppure sentire le punta delle dita per tenere delle micro tacche. Quando il tempo è migliorato un po', quando il sole si è fatto vedere tra le nuvole e il vento si è leggermente placato, siamo saltati fuori dal nostro portaledege in fretta. Al massimo ci sono state concesse 3, 4 ore di condizioni decenti.

In tutto questo siete anche saliti verso l'alto...
Sì, mentre lavoravamo i tiri difficili abbiamo anche fatto progressi sulla via in generale, salendo sempre più in alto fino a quando il tempo ci ha permesso di fare un tentativo per la cima. In tutto abbiamo aspettato circa 10 giorni prima che le condizioni fossero sufficientemente buone per liberare l'ultimo tiro, e questo è arrivato durante il 19° giorno in parete… Tra l’altro, proprio quel giorno avevamo in programma di scendere, a prescindere da quello che sarebbe successo.

Concentriamoci però sulla salita verso la cima, e su quei 19 giorni in parete
Abbiamo raggiunto vetta durante il nostro 15° giorno in parete, anche se avevamo ancora quel tiro da liberare più in basso. Credo che siamo stati davvero fortunati, perché la Patagonia ci ha regalato il giorno migliore degli ultimi due mesi. Abbiamo visto che il bel tempo stava per arrivare già la sera prima, quando il vento si è abbassato improvvisamente e il cielo si è schiarito. Così ci siamo svegliati alle 4:30 del mattino e siamo risaliti fino al nostro punto più alto. Non so perché, ma le fessure che fino ad un paio di giorni prima erano piene di ghiaccio erano completamente pulite, e dopo un lungo tiro di 70 metri abbiamo raggiunto del terreno meno ripido e, seguendo tratti di arrampicata di misto, siamo saliti fino in cima alla parete. Siamo saliti con le scarpette d’arrampicata, evitando tratti ghiacciati e a volte usando le nostre scarpette per scavare dei gradini nella neve dura. Sulla cresta sommitale il vento era ancora molto forte, ma ogni volta che ci siamo messi al riparo siamo riusciti a godere del calore del sole, veramente bello! Abbiamo raggiunto la cima intorno alle 14:00 e dopo 5 ore di corde doppie siamo ritornati ai nostri portaledge, proprio quando i primi fiocchi di neve hanno iniziato a cadere dal cielo. Dopo di che, per i successivi 3 giorni e mezzo, non abbiamo visto né la terra né il cielo. Siamo rimasti bloccati in una grande tempesta.

A questo punto eravate praticamente senza cibo
Abbiamo dovuto razionare quel poco di cibo che ci era rimasto. Non avevamo nessuna previsione meteo, speravamo sempre che sarebbe migliorato ed in un primo momento non abbiamo razionato più di tanto il cibo. Ma quando non c'era quasi più niente da mangiare e il tempo era ancora troppo brutto per scendere, non avevamo altra scelta che sopravvivere con quel poco che avevamo. Il giorno in cui siamo finalmente scesi avevamo finito completamente tutti i nostri viveri.

Avevate mai pensato a dover rinunciare?
Sì, ovviamente sì…. il che ha reso l'esperienza molto più forte. Fino alla mattina del nostro 19° giorno in parete abbiamo pensato di rinunciare perché il tempo non ci stava dando una mano, non ci aveva dato alcuna possibilità di tentare di liberare l’ultimo tiro. Poi tutto ad un tratto il vento è sparito, attraverso le nuvole è arrivato il sole. Le temperature si sono alzate leggermente al di sopra dello zero ed era arrivata la nostra ultima chance... Due ore di condizioni difficili, ma decenti, per liberare il tiro.

Poi c’è stata la discesa
Subito dopo aver liberato l'ultimo tiro abbiamo preparato il nostro materiale, e in quel momento ha ricominciato a nevicare pesantemente. Ma eravamo appena riusciti a liberare tutta la via e ci sentivamo in qualche modo invincibili, così siamo scesi comunque. Per fortuna il tempo non era poi così brutto come avrebbe potuto essere, ma ciò nonostante avevamo freddo ed eravamo fradici e le ultime calate sono state fatte al buio. Per fortuna le nostre corde non sono rimaste incastrate da nessuna parte.

A proposito, avete lasciato del materiale in parete?
Ci sono un paio di nuts che sono rimasti incastrati nelle fessure. Queste sono le uniche cose che abbiamo lasciato, a parte il materiale usato per le doppie. Abbiamo anche riportato giù a valle delle vecchie corde e dei rifiuti che abbiamo trovato lungo la via, ma ci sono ancora un sacco di corde lasciate da altri alpinisti. È un vero peccato vedere questo, ma purtroppo sembra che sia una cosa molto comune dei climbers sulle big walls in posti remoti del pianeta.

Avete fatto quello che viene definita come una "team ascent", una salita di squadra. Per chi non conosce il termine, ci spieghi cosa significa?
Significa che ogni tiro è stato salito in libera da almeno uno di noi... E in questo caso abbiamo diviso i tiri tra di noi più o meno equamente. Chi non arrampicava da capocordata seguiva senza l'uso di jumar, tranne poche eccezioni, quando il tempo era diventato troppo tempestoso e freddo. Se avessimo avuto più tempo, avremmo tutti voluto provare a salire ogni tiro da capocordata ma questa volta, con il tempo così, questo è stato il massimo che siamo riusciti a fare.

Che grado complessivo avete dato alla via?
Stimiamo due tiri attorno all' 8a, uno di 7c, due di 7b ... L'arrampicata più difficile è tra il 10° e 16° tiro. Il resto è per lo più tra il 5c - 7a, ma spesso reso "piccante" da fessure ghiacciate e prese ricoperte dalla neve.

Nico, prima di andare in Patagonia, eri riuscito a salire una via sportiva di 9a. Tra le due cose, quale è stata la più difficile?
Non sono paragonabili! Credo che per me questa esperienza in Patagonia è stata più difficile, perché mi ha portato molto più lontano dalla mia "zona di comfort", quella dove mi sento a mio agio. Detto questo, tecnicamente il 9a è molto più difficile dell' 8a. Qui in Patagonia è sicuramente il tempo che rende tutto così difficile, anche mentalmente, ma in un modo totalmente diverso. In qualche modo avevamo addosso molta più pressione quando tentavamo di liberare questi tiri chiave, perché sapevamo di avere così poche possibilità di provarli.

Come paragoni questa esperienza con le altre vostre salite in Patagonia?
È stata più intensa, in parte perché l’arrampicata in libera era più difficile e meno evidente, ma soprattutto a causa del brutto tempo. Il maltempo ci ha messo alla prova mentalmente, perché dovevamo reagire molto rapidamente ogni volta che arrivava una piccola finestra di bel tempo.

Per un po’ siete stati in ottima compagnia, con Mayan Smith-Gobat e Brette Harrington impegnate su Riders on the Storm, la via adiacente…
Sì, è stato bello scalare fianco a fianco con loro. E ogni volta che loro salivano in parete per Riders ci hanno motivato a salire sulla nostra via, anche in condizioni di brutto tempo. Credo che ci siamo veramente motivati a vicenda.

Ultima domanda Nico: che cosa vi ha sorpreso di questa salita?
La qualità del granito, quanto è ripida questa parete. E la perfezione di questa linea. Non avremmo potuto chiedere di più.

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