Patagonia 2005: Salvaterra, Garibotti e Beltrami tentano la Maestri-Egger al Cerro Torre

Ermanno Salvaterra, Rolando Garibotti e Alessandro Beltrami sono in Patagonia per tentare la via Maestri-Egger del 1959 al Cerro Torre.
Patagonia 2005, Salvaterra, Garibotti, Beltrami

Ermanno Salvaterra, Rolando Garibotti e Alessandro Beltrami sono in Patagonia, sul Cerro Torre. E fin qui nulla di strano. Ermanno e Rolando sono tra gli alpinisti patagonici più fedeli e più forti, mentre Alessandro (insieme a Giacomo Rossetti) nel 2004 è stato compagno di Salvaterra nella riuscita prima salita di “Quinque anni ad paradisum”, una grande nuova via sulla parete est del Torre. Quello che fa notizia, invece, è il loro obiettivo: la via Maestri-Egger del 1959. Ovvero la via della “discordia” quella che, proprio Garibotti e Salvaterra, ma certamente non solo loro, hanno messo già da tempo in dubbio. Alla fine insomma non poteva che essere così, non poteva che essere quello l'obiettivo, ancora una volta: andare e verificare di persona, ritentare quella via mai più riuscita a nessuno, affrontando in qualche modo quello che ad alcuni appare come un mistero, un nodo irrisolto. E un'altra, una delle tante, polemiche che l'alpinismo ha seminato nella sua lunga e sempre tormentata storia.

Ma facciamo un salto indietro. Come molti sapranno la Maestri-Egger risolveva un problema alpinistico enorme per quei tempi: la cima del Cerro Torre, l'urlo di ghiaccio più incredibile e imprendibile della storia dell'alpinismo che nessuno ancora era riuscito a salire. Era il 31 gennaio 1959 quando il trentino Cesare Maestri, il “Ragno delle Dolomiti”, e il fuoriclasse austriaco Toni Egger, sicuramente due dei più forti alpinisti dell'epoca, misero piede per la prima volta su quella cima. L'unico loro compagno d'avventura sulla parete, Cesarino Fava, li aveva lasciati al Colle della Conquista da dove era disceso da solo, mentre Maestri e Egger avevano proseguito dopo un bivacco. Da quel Colle mancano ancora 700 metri di parete per arrivare alla vetta: un autentico viaggio, durissimo quanto sconosciuto ed aleatorio. Il 29 gennaio Egger e Maestri salgono di 350 metri. Continuano il giorno dopo e la sera del 30 mancano ancora 150 metri dalla vetta. La mattina del 31, finalmente, Egger sbuca sulla cima. Intanto il tempo sta cambiando: un vento caldo ha reso la montagna pericolosissima e continuamente spazzata dalle valanghe. La discesa è una fuga, mentre la parete si trasforma sempre più in una trappola. Scendono per quel che resta del 31 gennaio, continuano l'uno febbraio e il due, alle 19,00, arrivano a 150 metri dalle loro corde fisse. Poi, mentre preparano il bivacco, la tragedia: l'ennesima valanga spazza via tutto, spezza la corda che lega i due portando con sé anche Toni Egger. Dopo una terribile notte, a Maestri non resta che scendere da solo e in mezzo alle valanghe: alla fine si salverà miracolosamente anche da una caduta. Maestri verrà ritrovato, quasi per caso, da Cesarino Fava mentre vaga sul ghiacciaio. Non ci sono immagini di quella salita, la macchina fotografica scomparve con Egger e non fu più ritrovata nemmeno quando il corpo dell'alpinista austriaco fu rinvenuto 16 anni dopo, nel 1975, da John Bragg, Jim Donini e Mick Coffey. Resta insomma il solo racconto di Cesare Maestri e di Cesarino Fava, del resto due uomini dei quali è difficile dubitare…

Patagonia 2005, Salvaterra, Garibotti, Beltrami

E allora? Il seme del dubbio parte da lontano. Probabilmente il primo a metter un punto interrogativo su quanto era accaduto fu Carlo Mauri che, con Walter Bonatti, nel 1958, e poi nel 1970 con una spedizione del CAI di Belledo, aveva già tentato la parete ovest del Torre senza successo. La stessa parete poi risolta, nel 1974, con la storica impresa della spedizione dei Ragni di Lecco che vide in vetta Casimiro Ferrari, Mario Conti, Daniele Chiappa e Pino Negri. Fatto sta che nel tempo in molti (tra i quali anche Salvaterra) hanno tentato la Maestri-Egger senza riuscirci. Fatto sta che la stampa specializzata, soprattutto anglosassone, più volte ha sollevato la questione cercando la prova definitiva di quella salita. Nessun indizio risolutivo è stato ritrovato a conferma del passaggio di Maestri e Egger sulla parte alta della montagna, nè d'altronde neanche la prova contraria che ciò non sia avvenuto. Resta l'incredulità per quella impresa del 1959 che, come proprio Garibotti più volte ha scritto e rilevato, ha dell'incredibile per la velocità con cui è stata compiuta.

Ora, Salvaterra, Garibotti e Beltrami sono là. Già hanno portato il materiale alla base della parete e, come sempre accade nella terra alla fine della terra, aspettano il loro momento tra le impossibili tempeste patagoniche. Come andrà a finire naturalmente nessuno lo sa. Il senso di tutto ora sarà dato dalla montagna, dal Cerro Torre e dalla salita. Non sappiamo se nel frattempo riusciranno a cogliere qualche altro indizio, a farsi ulteriori convincimenti. Quel che è certo (e presumibile) è che adesso questa non è la loro massima preoccupazione. Restano le parole di Ermanno raccolte da Giorgio Spreafico nella bella intervista pubblicata sul quotidiano "La Provincia" del 5 ottobre 2005: "Se trovo uno di quei vecchi chiodi lo sbatto in faccia al mondo. E a me per primo". Questo in fondo, più di ogni altro commento, dà l'idea di quale incredibile e misteriosa storia leghi gli uomini (questi uomini) alle montagne, e soprattutto al Cerro Torre.


PENSIERI DAL TORRE
testi di Ermanno Salvaterra, Rolando Garibotti e Alessandro Beltrami

Ermanno Salvaterra:
Un'altra volta qua. Un'altra volta al Cerro Torre, la montagna che amo più di qualsiasi altra. La montagna che mi ha già dato un sacco di soddisfazioni, che mi ha fatto vivere tante emozioni, che mi ha fatto soffrire tanto, che mi ha fatto piangere molto. Bellissimo! Sono felice per tante cose e so che, comunque vadano le cose, sarà un'altra bellissima esperienza. C'è molto feeling fra di noi. C'è molta voglia di fare e le nostre idee coincidono perfettamente. Ale, per la seconda volta qui, quest'anno lo vedo ancora meglio. Forse perché ormai il posto lo conosce già. Rolo, Rolando Garibotti, è nato in Italia, a Bari, di famiglia genovese. Quando Rolo ha due anni, la famiglia si trasferisce in Argentina dove già i nonni erano emigrati per cercare lavoro. Rolo comunque da 12 anni vive negli Stati uniti a Boulder in Colorado, dove è sposato con Beth. Lui si sente comunque argentino ma è orgoglioso di avere il passaporto italiano. Rolo è troppo forte e ci piace moltissimo parlare con lui. Lui sa tutto del mondo alpinistico internazionale ed è un piacere sentirlo parlare. A volte parla in italiano ed altre in castillano. Camminare vicini a lui è un piacere; è come essere nella più fornita biblioteca di arrampicata e alpinismo. Rolo conosce tutti gli alpinisti del mondo e di loro sa tutto. Continuiamo ad assillarlo di domande e speriamo che prima o poi non si metta a risponderci in qualche lingua strana per farci zittire.

Rolo Garibotti
Dopo tanti giorni di viaggi e preparazioni, una specie overdose d'urbanità, e stato un grosso sollievo nei ultimi due giorni fare delle belle fatiche, sentendo il vento in faccia senza paura che suoni il telefonino, e che ci siano decina di email a rispondere. Da mesi che ci pensavo a godermi questo tipo di libertà. E stato un grosso piacere incontrare Ale e Ermanno a Chalten, e subito partire in montagna a fare i trasporti. Anche se sono passati solo due giorni ci troviamo molto bene fra di noi. Prima di partire avevo avuto un po' paura perché non conoscevo Ale, ma dopo questi giorni devo dire che veramente non posso immaginare un compagno più gentile. Eranodue anni che non venivo al Chalten e sono rimasto sorpreso dalla quantità di nuove case, negozi e hotel che ci sono. Dopo la svalutazione del peso argentino, e i problemi politici in altre parti del mondo l'Argentina e diventata una destinazione turistica molto richiesta. Da un certo punto di vista mi fa piacere perché la gente locale è contenta, ha ritrovato il suo buon umore, quello che a volte sparisce quando ci sono problemi economici, ma da un'altra mi dispiace perché l'attività turistica ha degli effetti negativi sulla natura circondante, comunque essendo io anche un turista questo giudizio non è giusto.

Alessandro Beltrami
Sono molto contento di essere ritornato qui dopo meno di un anno dal mio rientro in Italia da quando salimmo alla est del Torre. Vedo Rolo per la prima volta e subito ho un'ottima impressione di lui. Mi è molto simpatico e come dice Ermanno è come camminare con una biblioteca parlante. Ieri, tornando verso il campo base, sul ghiacciaio, vicino al Mocho, abbiamo trovato due pezzi di corda molto vecchia ed uno strano fornello, probabilmente delle prime spedizioni su queste montagne. Sono anche contento che già tutto il materiale necessario per la salita sia alla base della parete nella nostra bellissima truna. Molti pensieri sono passati per la mia mente quando, ieri sono arrivato sotto il Torre e guardando la parete est ricordavo quei giorni dello scorso anno passati lassù.


Portfolio
Diario della spedizione
La storia della via Egger-Maestri di Rolando Garibotti
Il Torre e Maestri sul Corriere della sera
News Ermanno Salvaterra
La salita dei Ragni di Lecco del 1974
www.salvaterra.biz

Nelle foto dall'alto: il Cerro Torre dalla Laguna Torre; la prima parte di parete la mattina del giorno 16/10/05 (ph arch. E. Salvaterra).


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