Giusto Gervasutti: i 100 anni del Fortissimo
Corre quest'anno il centenario della nascita di Giusto Gervasutti, l'alpinsta che durante gli anni '30 e '40 ha scritto importanti pagine nella storia dell'alpinismo mondiale, tra cui spicca la sua via sulla Est delle Grandes Jorasses. Il ricordo di Andrea Giorda.
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Giusto Gervasutti in cima al Requin - Monte Bianco, Chamonix
arch. Gervasutti
"L’anno scorso cercavo casa a Rivoli nei pressi di Torino, come tanti ero ormai giunto alla disperazione. Visitavo alloggi di agenzie che avrebbero venduto una cabina del telefono come splendido monolocale con vetrata, allacciamento telefonico incluso..ovviamente! Quando ormai ero sfinito, come all’ultimo spit prima della catena, sporgendomi dalla finestra di un alloggio vidi la facciata di una chiesa e una statua di un santo, proprio di fronte a me. Il santo mi sorrideva, la piccola scritta alla base rivelava il suo nome... San Giusto. Inutile proseguire la storia, ora vivo in quella casa, nella mia vita di ragazzino, impallinato di arrampicata, Giusto Gervasutti ha rappresentato un modello spirituale e ideale, che mi ha condotto sulle sue tracce fino sulla Est delle Grandes Jorasses, dove corre la sua via più prestigiosa.
Alle radici dell’alpinismo e degli alpinisti c’è la storia, e spesso l’infatuazione per personaggi che ci hanno aperto mondi meravigliosi, ricchi di avventura e grandi vicende umane. Le celebrazioni per i cento anni dalla nascita di Giusto Gervasutti sono dunque un’occasione unica per far conoscere, a chi non ne ha avuto la possibilità, i pensieri e le imprese di questo grandissimo Alpinista. Uno dei più grandi del’900.
Senza la storia, vie come la Solleder in Civetta, sono dei marcioni di 1250 metri, di 6a e pure male attrezzati! Un pericolo da cui stare alla larga, insomma. Quante volte nelle scuole di Alpinismo, in seno al CAI e al CAAI, ci si lamenta che i giovani sono sempre meno attratti dall’alpinismo. Ben vengano quindi queste rievocazioni, non ci saranno adesioni di massa, ma solo seminando si può sperare di raccogliere qualcosa.
Gervasutti, nato nel 1909 a Cervignano del Friuli, ha iniziato a scalare sulle alpi orientali, e quando nel 1931 si è trasferito a Torino, ha sconvolto con la sua tecnica da dolomitista tutti i parametri di difficolta della tradizione occidentale. Iniziò ripetendo la più difficile scalata del tempo sul Monte Bianco, la via aperta dai tedeschi sulla Sud della Aiguille Noire de Peuterey. Non è un caso: i tedeschi erano i campioni del sesto grado e vi erano grandi rivalità nazionali. Alla base della Solleder, in Civetta, per sfida avevano scritto “Non è terreno per italiani!”.
Ma quando Gervasutti si affaccia sulla scena internazionale, lo scenario si allarga dalle grandi pareti dolomitiche a quelli che erano considerati “gli ultimi problemi delle Alpi”. Le tre grandi Nord: quella del Cervino, che si aggiudicheranno i fratelli Schmid, quella dell’Eiger e la Nord delle Grandes Jorasses. Gervasutti uscirà sconfitto di un soffio, proprio dalla corsa alle Jorasses sullo sperone Croz, ma il racconto del compagno Renato Chabod resta nella storia come uno dei più avvincenti scritti di montagna. Riccardo Cassin lo precedette poi su un altro dei suoi obiettivi, lo sperone Walker alle Grandes Jorasses. E’ curioso come il mondo mediatico dell’alpinismo degli anni ’30, fosse conteso da tre campioni, tutti dell’estremo nord est, Cassin, Gervasutti ed Emilio Comici. Non erano gli unici italiani forti, ad esempio Giovanni Battista Vinatzer, era un fuoriclasse assoluto, ma i media dell’Italia fascista non lo consideravano utile alla propaganda.
I tre campioni non potevano essere più diversi, Cassin era il pragmatismo assoluto, veniva dal pugilato, il suo motto era veni vidi vici! Per lui l’arrampicata era un mezzo per conquistare la parete, aggiungerei senza tormenti o indecisioni. Comici era il funanbolo acrobatico, l’arrampicata era il fine, chi sfoglia i suoi libri o vede i sui film resta affascinato da un atleta che ricerca la bellezza nel gesto e nella posa scultorea. Gervasutti si discosta dai due, per lui la scalata e l’alpinismo sono un via per raggiungere un livello di esistenza superiore al comune mortale. Per elevarsi, non essendo un poeta o un artista che può permettersi vette eccelse seduto in poltrona, l’alpinista deve Agire e trova la sua dimensione solo nell’Azione.
Da questi pochi ma chiari concetti nasce il mito romantico di Gervasutti, che vive l’alpinismo quasi come una missione superiore, “Osa, osa sempre e sarai simile ad un dio” recita nel suo libro/testamento Scalate nelle Alpi. Ma forse il testo più toccante, che riassume la contraddizione e la bulimia degli alpinisti, mai sazi ed eternamente alla ricerca di nuove emozioni, si trova a conclusione del racconto della sua lotta più dura, il suo grande riscatto, la parete Est delle Grandes Jorasses: “ …ci stendiamo al sole. Fa caldo e abbiamo una gran voglia di dormire. Niente fremiti di gioia. Niente ebbrezza della vittoria. La meta raggiunta è già superata. Direi quasi un senso di amarezza per il sogno diventato realtà. Credo che sarebbe molto più bello poter desiderare per tutta la vita qualcosa, lottare continuamente per raggiungerla e non ottenerla mai.”
Se si mettono in fila le più grandi imprese di Gervasutti, si rimane impressionati anche perché è uno dei pochi della sua epoca che ha scalato dalle Giulie al Delfinato. Con il suo amico francese Lucien Devies ha fatto coppia sulla parete Nord Ovest dell’Ailefroide, detta per analoghe difficoltà e lunghezza la Walker dell’Oisans. La via sull’Ailefroide, al pari della Est delle Jorasses, ha avuto negli anni ben poche ripetizioni e rappresenta ancora oggi una impresa di grandissimo rispetto. Gervasutti la scalò interamente con due costole rotte, il medico che lo visitò lo descrisse di resistenza al dolore non normale.Che dire poi del Picco Gugliermina, salito con Gabiele Boccalatte, una guglia dolomitica verticale e con fessure cieche, piazzato nel cuore del Monte Bianco?
Certo Cassin, fece capire, in particolare in un simpatico episodio, che Gervasutti poteva permetterselo, mentre lui, operaio, con i giorni contati dalle misere ferie, poteva concedersi poche divagazioni. I due, che si stimavano, si incontrarono all’uscita di vie differenti in cima alla Civetta, Gervasutti aveva fatto la Solleder, scendendo insieme con i rispettivi compagni, sono presi dalla notte e hanno un sacco letto in due. Si decide che verrà utilizzato per metà notte a testa, ma quando è il suo turno, Cassin vedendo dormire della grossa Gervasutti, non lo sveglia, quasi un riguardo verso quel ragazzo della Creme Torinese…
Gervasutti, proprio come si conviene ad un eroe romantico muore giovane. L’aveva predetto alla sua morosa, che ancora oggi ricorda e rivela le sue parole con rammarico “non ti posso sposare, morirò in montagna.”
Il 16 settembre del 1946, per una banalità, cercando di sbloccare la corda doppia, cade dal pilier del Mont Blanc du Tacul che porterà per sempre il suo nome.
Andrea Giorda CAAI
Per saperne di più su Giusto Gervasutti:
Il Film: Giusto Gervasutti il solitario signore delle pareti - Realizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, ufficio stampa.
Il Regista è Giorgio Gregorio, Direttore della Scuola Nazionale di Alpinismo del CAI “Emilio Comici”. Testimonianze di Cassin, Spiro dalla Porta Xydias e bellissime immagini delle pareti percorse da Gervasutti. Associazioni, Scuole, Sezioni del CAI, che ne volessero una copia gratuita possono scrivere a supporto@fvg.tv
La Mostra: allestita al Museo Nazionale della Montagna- CAI-Torino
Il FORTISSIMO 11 dicembre 2009 - 07 febbraio 2010. Bella documentazione fotografica, alcune immagini inedite dall’archivio di Ettore Giraudo
Il Libro di Gervasutti: Scalate nelle Alpi – L’ultima edizione è dei Licheni Cda&Vivalda Editore-2005 - a cura di Pietro Crivellaro.
La Scuola Nazionale di Alpinismo Giusto Gervasutti- Cai Torino: per chi vuole avvicinarsi al mondo dell’alpinismo. www.scuolagervasutti.it
Celebrazioni : il 12 dicembre 2009, a Cervignano del Friuli si è tenuto un interessante convegno su Giusto Gervasutti
Sono intervenuti: Massimo Giuliberti CAAI, Spiro dalla Porta Xidyas CAAI, socio onorario CAI e Presidente del GISM e il giornalista Luciano Santin. I promotori e organizzatori sono stati il Presidente della sezione del CAI di Cervignano Ciro Carnielli e il Vice Cristian Boemo. A sottolineare l’importanza dell’evento erano presenti il Presidente Generale del CAI Annibale Salsa e il Presidente del CAAI Gruppo Occidentale Claudio Picco.
Alle radici dell’alpinismo e degli alpinisti c’è la storia, e spesso l’infatuazione per personaggi che ci hanno aperto mondi meravigliosi, ricchi di avventura e grandi vicende umane. Le celebrazioni per i cento anni dalla nascita di Giusto Gervasutti sono dunque un’occasione unica per far conoscere, a chi non ne ha avuto la possibilità, i pensieri e le imprese di questo grandissimo Alpinista. Uno dei più grandi del’900.
Senza la storia, vie come la Solleder in Civetta, sono dei marcioni di 1250 metri, di 6a e pure male attrezzati! Un pericolo da cui stare alla larga, insomma. Quante volte nelle scuole di Alpinismo, in seno al CAI e al CAAI, ci si lamenta che i giovani sono sempre meno attratti dall’alpinismo. Ben vengano quindi queste rievocazioni, non ci saranno adesioni di massa, ma solo seminando si può sperare di raccogliere qualcosa.
Gervasutti, nato nel 1909 a Cervignano del Friuli, ha iniziato a scalare sulle alpi orientali, e quando nel 1931 si è trasferito a Torino, ha sconvolto con la sua tecnica da dolomitista tutti i parametri di difficolta della tradizione occidentale. Iniziò ripetendo la più difficile scalata del tempo sul Monte Bianco, la via aperta dai tedeschi sulla Sud della Aiguille Noire de Peuterey. Non è un caso: i tedeschi erano i campioni del sesto grado e vi erano grandi rivalità nazionali. Alla base della Solleder, in Civetta, per sfida avevano scritto “Non è terreno per italiani!”.
Ma quando Gervasutti si affaccia sulla scena internazionale, lo scenario si allarga dalle grandi pareti dolomitiche a quelli che erano considerati “gli ultimi problemi delle Alpi”. Le tre grandi Nord: quella del Cervino, che si aggiudicheranno i fratelli Schmid, quella dell’Eiger e la Nord delle Grandes Jorasses. Gervasutti uscirà sconfitto di un soffio, proprio dalla corsa alle Jorasses sullo sperone Croz, ma il racconto del compagno Renato Chabod resta nella storia come uno dei più avvincenti scritti di montagna. Riccardo Cassin lo precedette poi su un altro dei suoi obiettivi, lo sperone Walker alle Grandes Jorasses. E’ curioso come il mondo mediatico dell’alpinismo degli anni ’30, fosse conteso da tre campioni, tutti dell’estremo nord est, Cassin, Gervasutti ed Emilio Comici. Non erano gli unici italiani forti, ad esempio Giovanni Battista Vinatzer, era un fuoriclasse assoluto, ma i media dell’Italia fascista non lo consideravano utile alla propaganda.
I tre campioni non potevano essere più diversi, Cassin era il pragmatismo assoluto, veniva dal pugilato, il suo motto era veni vidi vici! Per lui l’arrampicata era un mezzo per conquistare la parete, aggiungerei senza tormenti o indecisioni. Comici era il funanbolo acrobatico, l’arrampicata era il fine, chi sfoglia i suoi libri o vede i sui film resta affascinato da un atleta che ricerca la bellezza nel gesto e nella posa scultorea. Gervasutti si discosta dai due, per lui la scalata e l’alpinismo sono un via per raggiungere un livello di esistenza superiore al comune mortale. Per elevarsi, non essendo un poeta o un artista che può permettersi vette eccelse seduto in poltrona, l’alpinista deve Agire e trova la sua dimensione solo nell’Azione.
Da questi pochi ma chiari concetti nasce il mito romantico di Gervasutti, che vive l’alpinismo quasi come una missione superiore, “Osa, osa sempre e sarai simile ad un dio” recita nel suo libro/testamento Scalate nelle Alpi. Ma forse il testo più toccante, che riassume la contraddizione e la bulimia degli alpinisti, mai sazi ed eternamente alla ricerca di nuove emozioni, si trova a conclusione del racconto della sua lotta più dura, il suo grande riscatto, la parete Est delle Grandes Jorasses: “ …ci stendiamo al sole. Fa caldo e abbiamo una gran voglia di dormire. Niente fremiti di gioia. Niente ebbrezza della vittoria. La meta raggiunta è già superata. Direi quasi un senso di amarezza per il sogno diventato realtà. Credo che sarebbe molto più bello poter desiderare per tutta la vita qualcosa, lottare continuamente per raggiungerla e non ottenerla mai.”
Se si mettono in fila le più grandi imprese di Gervasutti, si rimane impressionati anche perché è uno dei pochi della sua epoca che ha scalato dalle Giulie al Delfinato. Con il suo amico francese Lucien Devies ha fatto coppia sulla parete Nord Ovest dell’Ailefroide, detta per analoghe difficoltà e lunghezza la Walker dell’Oisans. La via sull’Ailefroide, al pari della Est delle Jorasses, ha avuto negli anni ben poche ripetizioni e rappresenta ancora oggi una impresa di grandissimo rispetto. Gervasutti la scalò interamente con due costole rotte, il medico che lo visitò lo descrisse di resistenza al dolore non normale.Che dire poi del Picco Gugliermina, salito con Gabiele Boccalatte, una guglia dolomitica verticale e con fessure cieche, piazzato nel cuore del Monte Bianco?
Certo Cassin, fece capire, in particolare in un simpatico episodio, che Gervasutti poteva permetterselo, mentre lui, operaio, con i giorni contati dalle misere ferie, poteva concedersi poche divagazioni. I due, che si stimavano, si incontrarono all’uscita di vie differenti in cima alla Civetta, Gervasutti aveva fatto la Solleder, scendendo insieme con i rispettivi compagni, sono presi dalla notte e hanno un sacco letto in due. Si decide che verrà utilizzato per metà notte a testa, ma quando è il suo turno, Cassin vedendo dormire della grossa Gervasutti, non lo sveglia, quasi un riguardo verso quel ragazzo della Creme Torinese…
Gervasutti, proprio come si conviene ad un eroe romantico muore giovane. L’aveva predetto alla sua morosa, che ancora oggi ricorda e rivela le sue parole con rammarico “non ti posso sposare, morirò in montagna.”
Il 16 settembre del 1946, per una banalità, cercando di sbloccare la corda doppia, cade dal pilier del Mont Blanc du Tacul che porterà per sempre il suo nome.
Andrea Giorda CAAI
Per saperne di più su Giusto Gervasutti:
Il Film: Giusto Gervasutti il solitario signore delle pareti - Realizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, ufficio stampa.
Il Regista è Giorgio Gregorio, Direttore della Scuola Nazionale di Alpinismo del CAI “Emilio Comici”. Testimonianze di Cassin, Spiro dalla Porta Xydias e bellissime immagini delle pareti percorse da Gervasutti. Associazioni, Scuole, Sezioni del CAI, che ne volessero una copia gratuita possono scrivere a supporto@fvg.tv
La Mostra: allestita al Museo Nazionale della Montagna- CAI-Torino
Il FORTISSIMO 11 dicembre 2009 - 07 febbraio 2010. Bella documentazione fotografica, alcune immagini inedite dall’archivio di Ettore Giraudo
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La Scuola Nazionale di Alpinismo Giusto Gervasutti- Cai Torino: per chi vuole avvicinarsi al mondo dell’alpinismo. www.scuolagervasutti.it
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Giusto Gervasutti il solitario signore delle pareti from Planetmountain.com on Vimeo.
Note:
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