I 3900 delle Alpi

Guide
Eiger, Palù,Ortles, Grivola, Roseg, Scerscen, Pelvoux, Aiguille de Trélatète, Bietschorn, Aiguille d'Argentière, Fletschhorn e molti altri in tutto l'arco alpino, 49 cime raccontate e fotografate da tre firme della letteratura di montagna.
Planetmountain
Anno
2016
Editore
MonteRosa
Recensitore
Simonetta Radice
Pagine
236
ISBN
9788894095517


Da qualche parte ho letto che "sulle montagne che non danno gloria, c'è ancora spazio per sentirsi liberi". Credo che la citazione sia di Maurice Bradley, ma non ne sono sicurissima e in fondo, come vedremo presto, forse non importa. Quello che invece importa è che "I 3900 delle Alpi", libro scritto da Alberto Paleari insieme a Erminio Ferrari e Marco Volken, è una sorta di inno a queste cime “seconde”, spesso assenti dai carnet dei collezionisti di vette solo per via di quel centinaio di metri che le relega in una sorta di limbo poco attraente. "Il colpevole sono io" dice Paleari nella prefazione "quello che di professione fa la guida alpina, stufo di sentirmi chiedere dai clienti di salire i soliti quattromila e con l'intento, chissà, di far diventare di moda qualche altra montagna, altrettanto bella e meno scontata."

E così si parte per un entusiasmante viaggio dal Gran Paradiso agli Ecrins, dal Monte Bianco alle Pennine, dall'Oberland al Gruppo Ortles Cevedale: quanti siano i 3900 delle Alpi non è dato sapere con certezza, perché tutto dipende anche da ciò a cui si vuol dare dignità di cima. Nel dubbio tra 52, 53 e 50 si è deciso per 49, un numero tutt'altro che tondo, che ben si adatta a questo alpinismo di ricerca nel segno dell'understatement. Il libro è a tutti gli effetti una guida, in cui ogni autore presenta una scheda tecnica per ogni salita con tutte le indicazioni relative a punti di partenza, punti d'appoggio, dislivello, difficoltà, attrezzatura della via, materiale necessario, discesa e giudizio, senza dimenticare una serie di splendide immagini.

Ogni vetta, come sempre, racconta una storia: di prime ascensioni innanzitutto, effettuate per lo più tra la fine dell'800 e gli inizi del 900, e di pochissime ripetizioni. È divertente scoprire come, spesso, queste cime siano state poco considerate anche dai loro primi salitori. E così, troviamo Whymper liquidare con poche e asettiche parole l'Aiguille de Trélatète: "Alle 9,40 arrivammo sulla più elevata delle tre vette delle Aiguilles del Trélatète, tralasciando la più bassa" e tanto basti. La guida Peter Taugwalder, Lord Francis Douglas e Peter Inabnit salirono invece per primi nel 1865 la Wellenkuppe (Alpi Pennine), mirando in realtà al più prestigioso Obergabelhorn, che raggiunsero invece per secondi in un’altra occasione. Più o meno lo stesso accadde con il Rottalhorn (Oberland), forse salito dai fratelli Hieronymus e Johann Rudolf Mayer insieme ai cacciatori di camosci Alois Volken e Joseph Bortis durante la loro prima assoluta alla Jungfrau del 1811. Lo salirono veramente realizzando due prime ascensioni in un solo giorno? Passarono sotto la cima senza arrivare in vetta? Anche qui non è dato sapere con precisione, e in fondo è bene che nella storia, ma anche nella vita, si salvi un margine di incertezza.

Leggere “I 3900 delle alpi” non è però semplicemente un viaggio a ritroso in un tempo in cui le nostre montagne erano ancora un territorio inesplorato. Pagina dopo pagina, ci si accorge che i veri territori inesplorati sono in realtà quelli della psiche umana. Perché siamo così attratti da montagne che in qualche modo tutti hanno già salito? Perché la maggior parte di noi cerca l'avventura dove non c'è? E perché, infine, siamo tanto legati ai numeri?

“I 3900 delle Alpi” è un invito a dimenticare l'altimetro e a godere di ogni salita ogni singolo passo, a riscoprire il gusto di andare controcorrente, a calcare orme antiche nel segno di nuove emozioni e ad ascoltare una vecchia canzone di Leonard Cohen: "Please, don't pass me by". Per favore, non ignorarmi.

Simonetta Radice



Anno
2016
Editore
MonteRosa
Recensitore
Simonetta Radice
Pagine
236
ISBN
9788894095517