Continuando a sognare Edlinger
Sognando Edlinger… come ora si sogna Beckham? Negli anni ’80 non sarebbe stato per nulla un azzardo, naturalmente con riferimento a quello spirito, felice e scanzonato, di Jess e Jules nel bel film che racconta il sogno d’emulare il loro idolo calcistico. Ebbene sì, soprattutto gli arrampicatori (ma non solo) che all’epoca hanno visto sullo schermo Patrick, protagonista di “La vie au bout des doigts” o di “Opera vertical” non possono scordare lo stupore di fronte a quell’arrampicatore che danzava sulle pareti del Verdon. Era così: Edlinger era veramente un sogno irraggiungibile e, al tempo stesso, la misura di quanto l’arrampicata fosse, e potesse essere, bella. La nuova arrampicata, s’intende.
Patrick, “Le blonde”, che a piedi nudi arrampica inseguendo il ritmo del suo respiro e dell’aria - tantissima, immensa, aria sotto i piedi – era assolutamente il sogno di quegli anni che si concretizzava in immagini. Era la libera e libertà dell’arrampicata. Un irraggiungibile assoluto, di cui in quegli albori dell’arrampicata sportiva si aveva fame e bisogno. Per sognare, naturalmente, e anche per migliorare.
Patrick Edlinger ci venne in aiuto, infatti, anche in questo nostro desiderio di essere più bravi, di assaporare sempre più la difficoltà e il modo di danzarci attorno. Badate bene, solo gli sciocchi avrebbero pensato di seguirlo tout-court, copiandone lo stile free-solo. Non è pensabile che la sua, come da accusa di qualcuno, fosse una pura e semplice istigazione all’arrampicata senza corda, e suicida. Lui, come i Berhault, Manolo, Mariacher, Le Menestrel, Güllich, Moffat e molti altri fortissimi climber (ed erano davvero tanti) di quei primi anni, rappresentava un esempio, la conferma che era possibile. Si parla spesso di arte dell’arrampicata Patrick ne era il modello.
Logico che il suo libro Arrampicare! divenisse una sorta di bibbia del climber. Piramidali, trazioni, dieta, il primo volume organico sull’allenamento per l’arrampicata ha allevato tutti noi, novelli arrampicatori liberi degli anni ’80. E con noi i nostri bicipiti, la nostra mobilità e (ahinoi) anche qualcuno dei nostri acciacchi muscolari. Ma si era agli inizi, anzi si era entusiasti della nuova scoperta, e non ci si risparmiava nulla alla passione verticale.
Poi venne l’Edlinger delle gare e del Rock Master. Non furono molte per la verità le competizioni a cui partecipò, ma anche lì lasciò il segno. Primo nella combinata di Bardonecchia ed Arco nel 1986, vincitore ex-aequo con Stefan Glowacz al Rock Master del 1988, nella prima volta del Master sull’artificiale. E, inoltre, primo a Snowbird ’88 e al Campionato internazionale di Germania. Un palmeres niente male, dunque, per il futuro direttore della rivista Rock’n wall.
Patrick da allora non ha mai smesso di scalare, coniugando l’arrampicata con i viaggi, un Leitmotiv che unisce tutti i climber di allora come di oggi. Non è impossibile trovarlo in qualche falesia. D’altra parte non ha mai smesso di frequentarle. E come avrebbe potuto? Lui è sempre, uno di noi. L’Edlinger del sogno, o se preferite delle vie di Ceuse: le vie di Patrick, quelle che devi sempre conquistarti. Quelle che si ricordano e si sognano di più, appunto!
Vinicio Stefanello
pubblicato nel libro Rock Master - l'arrampicata ad Arco / agosto 2005
> Adieu Patrick Edlinger / 17.11.2012
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